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Angelo Baracca

 

L'esperienza di questi mesi dell'alleanza di governo, per lo meno inizialmente sofferta, fra Lega e M5S mostra oggi aspetti che a mio avviso meritano di aggiornare le analisi, anche nella prospettiva che si avvicina delle prossime scadenze elettorali.

Al suo nascere vi furono valutazioni anche piuttosto diverse. Vi fu immediatamente a sinistra chi la liquidò tout court come un'alleanza di segno nettamente di destra, spesso però senza fare un'analisi dei contenuti e delle posizioni. Il M5S aveva assunto nel passato posizioni su problemi cruciali per il Paese (come le Grandi Opere, o i caccia F-35) che avevano destato una certa speranza di cambiamento reale: questo era stato uno dei motivi principali del suo successo elettorale.

Ovviamente questo non aveva eliminato le profonde perplessità da parte di molti, né valutazioni radicalmente critiche. La travagliata trattativa per l'alleanza di governo, nella quale già emergeva la capacità di Salvini di imporre le proprie posizioni, aveva rafforzato le perplessità di molti, non solo all'esterno del M5S ma anche fra gli aderenti al Movimento.

Ma in questi mesi si è sempre più manifestata una deriva che a mio avviso richiede analisi più precise. Qui cercherò di proporre alcuni spunti preliminari, senza nessuna ambizione di completezza: quelli che seguono devono essere considerati solo degli appunti per sviluppare un dibattito.

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Ritengo necessario aggiungere una premessa che considero estremamente importante tenere presente in vista dell'opposizione a questo governo, nonché delle prossime scadenze elettorali. Non credo che abbiamo acquisito in generale una valutazione esauriente dello sfacelo che è stato provocato nel Paese dalle politiche della sinistra (cosiddetta, ma questo equivoco o percezione è stato un amplificatore del danno), e successivamente dai governi che ha guidato. I governi Berlusconi avevano almeno generato degli anticorpi, ma quando il PD è andato al governo ha prodotto uno sfondamento epocale non solo in tutti i settori vitali (lavoro, istruzione, sanità, ecc.) ma nelle coscienze, lasciando dietro di se una desertificazione che forse peserà per decenni. Diciamolo apertamente, Minniti non è affatto diverso da Salvini, solo meno irruento, ma i guasti che ha con grande abilità provocato nelle coscienze nell'estate del 2017 sono stati la premessa del razzismo solo più rozzo di Salvini. Per quanto riguarda il tema cruciale del lavoro, il PD è stato da anni il regista decisivo dell'operazione che ha portato a introiettare nel senso comune la precarizzazione come condizione di vita, quasi un dato “naturale”.

Di fronte a questo sfacelo anche morale, e alle condizioni di vita sempre più insostenibili per un numero crescente di italiani, ho la sensazione che alcune misure che l'attuale governo sembra prendere riscuotano un certo favore in molti strati impoveriti della popolazione: dico “sembra” perché i provvedimenti effettivi sono ancora piuttosto nebulosi, ad esempio il presunto (a torto) “reddito di cittadinanza” conserva molti aspetti oscuri e confusi. Ma per gli strati letteralmente dissanguati da decenni di politiche di austerità, di corruzione e malgoverno può presentarsi come una manna; e forse potrebbe continuare ad essere percepito come tale per molto tempo anche dopo la sua attuazione, prima che la gente si renda conto della sua reale valenza.

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Vengo al M5S, che ritengo il soggetto più complesso da analizzare, essendo il razzismo e il fascismo di Salvini assai più manifesti. Mi sembra importante cercare di capire se il M5S sta subendo un'involuzione o sta al contrario mostrando la sua vera faccia, mascherata in passato da prese di posizione politiche che in realtà non l'impegnavano poiché non era assurto al potere. Anche su questo aspetto colgo affermazioni semplicistiche e liquidatorie che non aiutano a capire realmente quello che si aspetta la gente, e come orientare la nostra azione. Mi sembra che due caratteristiche del M5S abbiano contribuito soprattutto alla sua presa e alla sua ascesa.

In primo luogo la sua ostentazione di non essere “né di destra né di sinistra”. Facile dire che tutte le posizioni con questa premessa hanno sempre finito per rivelare una natura di destra. Mi sembra però importante contestualizzare questo aspetto nella situazione italiana, nella quale è presente un vasto “popolo di sinistra” per il quale questa caratterizzazione ha un significato reale, ma che si è trovato sistematicamente tradito dalla sinistra storica (ma per dirla tutta, anche dalle sinistre radicali, sia per la disastrosa esperienza del governo Prodi, sia per la litigiosità e l'incapacità di costruire un'opposizione seria). È comprensibile, a mio parere, che l'idea, o l'impressione, che si presentasse un movimento politico con le caratteristiche del M5S, capace di opporsi alle scelte più deleterie dei governi del PD (e in generale italiani fino ad oggi), abbia avuto una certa presa anche fra il “popolo di sinistra”: si pensi solo all'adesione di una parte consistente dei movimenti NO-Tav, o NO-Tap, che sono sempre stati non solo tartassati, ma addirittura criminalizzati dai governi passati (come confermano le recenti selvagge sentenze).

Anche l'aspetto di “movimento” merita un'analisi, che posso solo abbozzare. Di fronte alle prove disastrose date da tutti i partiti politici in questo Paese, una formazione politica che si presentava come un movimento, apparentemente non strutturato, gestito mediante strumenti decisionali partecipativi, apparentemente con una democrazia di base, senza “capi” o senza una burocrazia dirigente, che rifiutava posizioni ideologiche, poteva attrarre una parte del “popolo di sinistra”. Tuttavia – e ritengo sia un punto importante – questo carattere di “movimento”, l'impegno sui temi concreti e il rifiuto (in apparenza) di posizioni ideologiche (se non essere “né di destra né di sinistra”) escludevano qualsiasi possibilità (capacità) di elaborare strategie politiche di lungo respiro. Il M5S non ha strategie politiche, progettualità di lungo respiro, programmi di conversione ecologica degni di questo nome, e così via.

Mi sembra che queste caratteristiche – che mentre il M5S esercitava l'opposizione ai governi precedenti avevano avuto una certa efficacia e un certo richiamo verso l'elettorato – abbiano mostrato la loro intrinseca fragilità una volta che il “movimento” si è trovato ad assumere responsabilità di governo. Nel confronto con la ferrea strategia della Lega di Salvini c'era forse da aspettarsi che il M5S facesse la fine del vaso di coccio contro il vaso di ferro!

A dirla tutta, le numerose esperienze di governi locali conquistati dal M5S erano state non solo contraddittorie, ma avevano mostrato alcuni tratti preoccupanti che si sono poi rivelati compiutamente e sono divenuti decisivi nell'esperienza di governo nazionale. Una prima caratteristica rivelava, a chi volesse vederla, un'inconsistenza dell'assunto della democrazia diretta, con le numerose epurazioni degli “indisciplinati”: ma probabilmente molti le consideravano un difetto “giovanile” che il rafforzamento dei meccanismi di democrazia diretta avrebbe eliminato. Ma soprattutto la conquista dei governi di città di prima grandezza mostrò l'emergere di limiti ideologici e politici che ora si rivelano determinanti. Roma era certo, e rimane, una città estremamente difficile (per usare un eufemismo e non adottare il turpiloqio) da amministrare, ma come interpretare certe scelte della Sindaca Raggi? (Per la quale confesso candidamente, il che aiuta a capirci, di avere avuto nei primi mesi una certa simpatia, o meglio un'apertura di credito, per esempio quando rifiutò le Olimpiadi: credito che crollò immediatamente con il licenziamento dell'assessore Berdini e altre scelte). Ecco, mi sembra che la politica della casa, il consenso agli sfratti, il vero e proprio sabotaggio delle esperienze e aggregazioni di base, per limitarmi a esempi significativi, tradissero già un culto per la proprietà privata che emergeva come scelta di campo del movimento “né di destra né di sinistra”, sulla quale ha ben attecchito il decreto Salvini sulla casa.

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Queste premesse mi aiutano a capire la vera sostanza di molte decisioni dell'attuale governo, nel quale il M5S ha opposto al più una resistibilissima resistenza alla linea della Lega, prefigurando a mio parere un vero sfondamento! È il test di verità. Se il M5S avesse potuto fare un governo monocolore, probabilmente avrebbe potuto mantenere più a lungo una parvenza di ambiguità, la copertura “né di destra né di sinistra”, la foglia di fico dell'equidistanza fra mondo del lavoro e mondo dell'impresa, ma il pressing della Lega, nonché la necessità di strappare i fondi per i propri provvedimenti di bandiera in una contesa all'ultimo sangue, lo mettono con le spalle al muro e lo costringono a scoprire le carte. Non tutto il male vien per nuocere.

Visto dunque che M5S e Lega nel governo hanno fatto quadrato su tutto, e il M5S ha accettato e condiviso scelte che stridono fortemente con posizioni che almeno in apparenza aveva sostenuto in passato, mi sembra il momento per proporre una prima valutazione della sua vera anima: perché credo che quelle scelte in realtà rispondano proprio alle sue convinzioni, o per lo meno che nel momento di passare da petizioni e prese di posizione astratte a decisioni concrete si siano sciolte le ambiguità del “né di destra né di sinistra” o dell'equidistanza fra mondo del lavoro e mondo dell'impresa. Sulle ripercussioni che questo potrà avere sull'elettorato, e forse anche sui militanti M5S tornerò brevemente nel seguito.

Cercherò allora di delineare molto sommariamente la natura di alcuni provvedimenti caratterizzanti di questo governo fascio-autoritario.

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Il presunto “reddito di cittadinanza”. Che non è per nulla “di cittadinanza”. Marco Bascetta lo ha definito in termini inequivocabili “reddito di sudditanza”, o addirittura “sussidio di sudditanza” (“No all'autoritarismo del 'reddito di sudditanza'”, Il Manifesto, 13 ottobre), e che rende al tempo stesso la valenza vera del pomposo “Decreto dignità”. In primo luogo è emblematico disconoscere la “cittadinanza” dei cittadini stranieri, un vero ossimoro che contraddice la nostra Costituzione, se non tornasse perfettamente con il salviniano “prima gli italiani”: la mistificazione della proposta di legge del M5S di 5 anni fa – che all'Art. 4 includeva “... tutti i cittadini … che risiedono nel territorio nazionale, … in possesso della cittadinanza italiana o di paesi facenti parte dell'UE, … soggetti provenienti da paesi che hanno sottoscritto convenzioni bilaterali di sicurezza sociale” – svela all'atto pratico la scelta xenofoba del provvedimento attuale.

Brevemente sul merito (per quanto ancora largamente indefinito), i “cittadini” considerati nella Costituzione diventeranno ora sudditi le cui libertà e diritti verranno controllati anche nelle loro scelte private, i loro acquisti, i loro gusti! E non avranno il diritto di scegliere un eventuale lavoro, sia perché saranno obbligati a prestare 8 ore settimanali di attività imposta (paria della società, visto che gli altri cittadini non hanno questo obbligo), sia perché la loro scelta sarà obbligata fra le prime tre offerte che riceveranno (per non parlare dell'obbligo di accettare anche lavori fuori Regione: la distanza limite di 80 km può comportare ore di treno). Per me questo è genuino autoritarismo. Veramente paradossale (ma in realtà emblematico) è poi che il “reddito”, meglio il sussidio, non è in realtà destinato al nominale beneficiario, poiché questi una volta trovato un lavoro dovrà cederlo all'azienda che lo ha assunto! Riprendendo Benedetto Vecchi, “non è un 'reddito', ma un incentivo ai padroni”.

Non credo che occorrano altri commenti per capire la vera ”etica” che regge tutta questa concezione: la logica neoliberista di fondo si traveste infatti da “etica”, che contraddice platealmente l'equidistanza fra lavoro e impresa coartando materialmente e moralmente il lavoratore ad aderire ai valori della seconda. Una adesione piena e convinta ai valori leghisti.

Del resto il M5S ha sposato pienamente con il “Contratto di governo” il programma leghista della flat tax (o meglio dual tax) che, a parte essere in contrasto con il dettato costituzionale della progressività della tassazione, avrà sicuramente il risultato di favorire i redditi alti e penalizzare quelli bassi.

Poi c'è il nodo da sciogliere del decreto fiscale con il punto spinosissimo per il M5S dell'annesso “condono”. Esattamente 4 anni fa il M5S aveva avuto parole di fuoco sui condoni (“Un altro condono per i soliti furbi”, Il Blog delle Stelle, 18 ottobre 2014, http://www.ilblogdellestelle.it/2014/10/un_altro_condono_per_i_soliti_furbi.html). Di Maio ha affermato perentorio che il M5S non voterà nessun condono. Ma … un condono “mascherato”? Perché di fatto “il decreto su Ischia infilato dentro quello su Genova contiene un condono che nessuno aveva osato fare. Compreso un 'contributo fino al 100 per cento' per sistemare le case crollate 'non totalmente abusive'. Là dove già prima non dovevano stare” (“Nel decreto per il terremoto di Ischia
il condono tombale delle case abusive”, Corriere della Sera, 11 ottobre 2018).

Sui migranti mi sembra addirittura superfluo osservare che se il M5S non ha nulla da obiettare alla linea di Salvini, se non ha nessuna remora sul numero spaventoso di annegati nel Mediterraneo dopo la soppressione di tutte le forme di soccorso in mare, questa non può essere una pura posizione di opportunità, ma significa che ha introiettato e sposato pienamente lo stesso spirito razzista e xenofobo! Le vite umane non contano assolutamente nulla!

Del resto il M5S sposa in pieno il concetto della “sicurezza” e le posizioni della Lega su ordine pubblico e legalità, la legittima difesa sempre, fra cui il progetto di Salvini di assumere 10.000 agenti, “Li pago con i soldi dei migranti” (un mio commento: “Il mito della 'sicurezza', mistificazione che copre le scelte che ci rendono meno sicuri!”, https://www.pressenza.com/it/2018/06/mito-della-sicurezza-mistificazione-copre-le-scelte-ci-rendono-meno-sicuri-ci-borseggiano/). Tutto torna con la filosofia del controllo sociale che ho commentato per il “sussidio di sudditanza”. Come pure proposte molto diverse, dalla reintroduzione della leva militare obbligatoria a quella del voto di condotta nelle scuole elementari, per inculcare nelle persone (evito appunto il termine “cittadini”) dai bambini agli adulti il senso della disciplina e lo spirito gregario. Non sono scelte imposte dalla Lega, ma impliocano una condivisione di valori.

L'atteggiamento sul problema degli sfratti ha confermato definitivamente, dopo i provvedimenti della Sindaca Raggi al Comune di Roma, la fede assoluta del M5S sulla sacralità e l'inviolabilità della proprietà privata: sarebbe ovviamente superfluo ricordare le migliaia di alloggi tenuti sfitti da anni! Dove sarebbe il cambiamento?

Poi c'è la questione dello spazio che nel governo “fascio-autoritario” hanno i fondamentalisti cattolici, dal ministro della Famiglia Fontana, al Senatore leghista Simone Pillon, figura di spicco del Family Day e presentatore del progetto di legge che porta il suo nome, ispirato a un disegno vendicativo nei confronti dei diritti conquistati dalle donne e al ripristino indiscutibile dell’ordine etero-patriarcale sulla genitorialità, del quale farebbero le spese, insieme alle figlie e ai figli, soprattutto le donne che, in molti e diversi modi, subiscono violenza. Non sembra di cogliere, almeno per ora, le necessarie reazioni da parte del M5S.

Mi sembra superfluo ogni commento sul tema della difesa, spesa militare (gli impegni contro gli F35) e adesione incondizionata alla NATO.

Senza dubbio sussistono ancora zone d'ombra e margini di ambiguità sa molti temi, soprattutto le Grandi Opere Inutili, ma non c'è dubbio che il “cambiamento” promesso in campagna elettorale è tutt'altro che scontato, e per molti che ci avevano creduto è tramontato. L'atto più recente è il SI al gasdotto Tap, rovesciando gli impegni che avevano fruttato il grande successo elettorale in Puglia (65% a Melendugno). “Cedimento” alla Lega? Sembra una giustificazione decisamente riduttiva su un tema cruciale per la politica estrattivista e neocoloniale del nostro paese.

Ho fatto solo un excursus con l'unico scopo di cercare di individuare la radice delle scelte del M5S, come stanno emergendo le sue vere convinzioni, come si stanno sciogliendo le ambiguità: tutte verso destra!

Solo un ultimo commento sulla questione dell'ILVA di Taranto, su cui Di Maio mena gran vanto. Per tutto il tempo in cui era all'opposizione il M5S aveva contestato duramente l'immunità penale, ma ora ha deciso di conservarla per i gestori dell'ILVA, mantenendo l’odiata norma creata dal PD, che fino al 2023 pone al riparo da inchieste e processi chi gestisce l’ILVA. “Al tempo dei Riva l'ILVA inquinava ma aveva un cane da guardia: la magistratura. Ora non più” (Alessandro Marescotti, Ancora immunità per l'ILVA di Taranto, PeaceLink, 13 settembre, https://www.peacelink.it/editoriale/a/45789.html). Ai tempi della legge sugli ecoreati Di Maio in persona disse: “Con questa legge basta impuniti”. Ora ha “garantito l'immunità perché l'ILVA ha impianti fuori norma e sotto sequestro penale i quali, nonostante tutto, continuano a produrre in barba al Testo Unico per l'Ambiente che in questo caso prevede il fermo degli impianti pericolosi e non a norma. … Tanto a morire saranno dei meridionali, parenti prossimi di quegli immigrati che crepano in mare”. La dice lunga su da che parte sta realmente il M5S.

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Ho fatto i rapidi e frammentari cenni precedenti senza ambizioni di completezza per fissare le idee su come le vicende di governo hanno accelerato un chiarimento risolutivo di posizioni del M5S sulle quali negli anni passati aveva mantenuto una forte ambiguità, quando addirittura non aveva espresso con veemenza posizioni opposte a quelle di oggi. Ora lo spirito autoritario del M5S è emerso con chiarezza cristallina, e l'attuale governo “giallo-verde” merita di essere ribattezzato senza ambiguità “fascio-autoritario”.

Per finire, credo sia interessante chiedersi quali siano ora i sentimenti e le posizioni dei militanti e simpatizzanti del M5S e, in prima approssimazione, quali conseguenze si possono prevedere per le tornate elettorali che si avvicinino.

Personalmente non ho il polso della situazione fra gli aderenti al M5S, ma mi sembra per lo meno altamente plausibile che la delusione sia molto forte, e che possa crescere ulteriormente. Penso che sia prevedibile una disaffezione e un'emorragia dal movimento, di cui non è facile immaginare l'entità.

Mi sembra prevedibile anche che il disinganno si rifletterà fortemente sulle scelte degli elettori nelle prossime consultazioni. Queste sono ancora relativamente lontane, ma non mi sembra di intravvedere molti margini di recupero di fiducia nelle future scelte del governo.

Giocherà anche il modo in cui le autorità Europee contrasteranno i programmi del governo “fascio-autoritario”. Ma sono dell'opinione che sarà soprattutto la Lega ad acquisire carte da giocare contro questa Europa.

Per concludere, il mio timore è che le prossime tornate elettorali ridimensioneranno in modo considerevole il M5S – che pochi di noi rimpiangeranno – ma possano incoronare la Lega primo partito! E questo ci porterebbe verso tempi ancora più bui.

 

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