Roberto Livi

(il manifesto, 6 febbraio 2019)

 

Prima di far scattare il colpo di stato istituzionale il 22 gennaio, meno di 1 venezuelano su 5 aveva mai sentito parlare di Juan Guaidó. Fino a poche settimane prima, quest’uomo di 35 anni era un personaggio semioscuro, militante di una formazione di estrema destra, Voluntad Popular, emarginata nella stesa Mesa de Unidad democratica dell’opposizione perché implicata nelle azioni più violente delle sanguinose guarimbas del 2014 e 2016.

ANCHE NEL SUO PARTITO, Guaidó era una figura di medio livello, eletto per il rotto della cuffia nel 2015 all’Assemblea nazionale in una delle circoscrizioni meno popolate. Eppure questo anonimo parlamentare è stato “unto” come salvatore della democrazia venezuelana e autorizzato a proclamarsi «legittimo» presidente del Venezuela da una telefonata del vicepresidente Usa, Mike Pence.

IN UN LUNGO ARTICOLO pubblicato in The Grayzone Project – progetto per un giornalismo investigativo online e ripreso dal portale Cubadebate – i giornalisti-scrittori Max Blumenthal e Dan Cohen ricostruiscono la vicenda di Guaidó, uno dei giovani venezuelani di destra della “Generazione 2007” che ricevettero dai «laboratori specializzati in cambi di regimi» degli Usa – finanziati in gran parte dal National Endowment for Democracy, (Ned) appendice della Cia – l’addestramento per abbattere il governo, prima di Hugo Chávez poi di Maduro.

NEL 2005 Guaidó fu uno dei cinque «leader studenteschi» venezuelani che si recarono a Belgrado per conoscere le tecniche insurrezionali praticate dai giovani militanti di Otpor (in serbo Resistenza, gruppo fondato nel 1998) che iniziarono le proteste contro il presidente serbo Slobodan Milosevic (e poi fecero scuola per “Rivoluzioni colorate” in alcuni paesi ex comunisti come Ucraina e Georgia). L’addestramento proseguì negli Usa e in Messico e si concretizzò nelle barricate delle sanguinose guarimbas.

I due autori sottolineano come Guaidó sia «presidente dell’Assemblea nazionale, controllata dall’opposizione, ma mai è stato eletto a questa carica. I quattro maggiori partiti di opposizione che formavano la Mesa de Unidad Democrática avevano deciso una presidenza a rotazione. Quando toccò a Voluntad Popular, il suo fondatore, López, era agli arresti domiciliari (accusato di di guarimbas che avevano causato la morte di vari cittadini) e il suo secondo, Guevara, si era rifugiato presso l’ambasciata cilena. Un tal Juan Andrés Mejía avrebbe dovuto essere il terzo nella linea di comando, però, per ragioni che solo oggi sono chiare, fu selezionato Guaidó». Selezionato per sviluppare i piani appresi e concordati negli States.

«NEL DICEMBRE 2018 – proseguono i due autori dell’inchiesta – Guaidó si recò clandestinamente a Washington, in Colombia e in Brasile per coordinare un piano che prevedeva massicce manifestazioni nel corso dell’assunzione della presidenza da parte di Maduro (il 10 dicembre). La notte prima della cerimonia, il vicepresidente Usa Mike Pence e la ministra degli Esteri del Canada, Chrystia Freeland, telefonarono a Guaidó per confermargli il loro appoggio. Una settimana dopo i senatori Marco Rubio e Rick Scott e il deputato Mario Diaz-Balart – tutti parlamentari della lobby anticastrista in Florida – si riunirono con il presidente Trump e il vice Pence alla Casa bianca. Su loro richiesta, Trump fu d’accordo ad appoggiare Guaidó, se questi era disposto ad autoproclamarsi presidente». Anche il segretario di Stato, Mike Pompeo, «secondo il Wall Street Journal si riunì con Guaidó il 10 gennaio…».

BLUMENTHAL E COHEN proseguono l’inchiesta su come il golpe istituzionale sia stato preparato negli Usa scrivendo che «l’11 gennaio la pagina di Wikipedia di Guaidó è stata redatta 37 volte… Alla fine la supervisione editoriale della sua pagina fu consegnata all’élite del consiglio di “bibliotecari” di Wikipedia che lo dichiarò presidente del Venezuela “in disputa”».

I due autori concludono che «mentre aspetta un intervento diretto (degli Usa, ndr) Guaidó continua a essere quello che sempre è stato: il progetto favorito di ciniche forze straniere».

 

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