Riceviamo e volentieri pubblichiamo come contributo al dibattito

Alberto Gabriele

1. Tutti i progressisti italiani, e a maggior ragione tutti i comunisti, devono essere grati al Professor Barbero. Egli rappresenta un esempio più unico che raro di intellettuale serio e onesto che, senza nascondere la sua adesione morale agli ideali del movimento operaio e socialista, è riuscito grazie alle sue eccezionali capacità comunicative a diventare – in un quadro di rapporti di forza oggettivi estremamente sfavorevole e quasi disperato – una figura di riferimento nel dibattito complessivo volto ad influenzare il senso comune degli italiani, e addirittura una star mediatica nazionale (senza alcuna ironia, e anzi nel migliore senso che si possa attribuire a questa ultima espressione).

Inoltre, cosa ancora più importante, una volta raggiunto un altissimo grado di visibilità, non ha mostrato alcun segno di opportunismo e di cedimento. Particolarmente meritori e coraggiosi sono stati e sono i suoi contributi multimediali di durissima critica ai ricorrenti tentativi di riabilitazione del fascismo e di equiparazione tra nazifascismo e comunismo, e la sua aperta e generosa difesa dell’onore e della dignità del movimento comunista italiano e internazionale.

2. Proprio perché abbiamo grande stima del Prof. Barbero e (se ci è permesso) lo consideriamo in senso lato un alleato nella attuale, difficilissima e impari battaglia culturale e ideologica contro il dilagare dell’anticomunismo isterico e l’assolutizzazione dei “valori” individualisti borghesi e piccolo-borghesi, vorremmo avanzare una rispettosa critica alla prospettiva in cui egli presenta la traiettoria storica del movimento socialista e comunista internazionale.

Quando Barbero parla di questo grande movimento mondiale, sembra infatti un po’ un prete che pronuncia una eulogia a un funerale in memoria del caro estinto.

Ad esempio, in una intervista recente, dal titolo sacrosanto Perché Fascismo e Comunismo non sono uguali 1, Barbero dice:

«chi è comunista…ha un progetto, un a visione del mondo, e pensa che il capitalismo, che attualmente è il sistema unico e il pensiero unico ovunque – compresa la Cina comunista beninteso, cosiddetta comunista - chi è comunista davvero pensa che il capitalismo debba essere superato, e che sia possibile costruire una società con delle regole diverse. Ora, questo progetto non c’è oggi nel mondo. Non c’è da nessuna parte.. ..da nessuna parte al mondo c’è qualcuno che pensa davvero si potrebbe andare al potere e confiscare le fabbriche ai proprietari e cambiare radicalmente i rapporti economici… nessuno lo pensa, nessuno forse lo vuole fare, e allora diventa un po’ difficile dichiararsi comunista» (Barbero 2022)2.

 

3. Il fatto che un intellettuale progressista del livello di Barbero dia per scontata una interpretazione – a nostro parere – così semplicistica e adialettica dell’attuale livello di sviluppo di diverse forme di socialismo nel mondo è motivo d’apprensione. Tuttavia, non è sorprendente, tenendo conto dell’arretratezza e della subalternità ideologica del senso comune e delle stesse scienze sociali nel loro complesso, in un paese come l’Italia che fino a pochi decenni fa esprimeva un vigoroso pluralismo ideologico e punte di avanguardia prestigiose a livello internazionale).

In realtà, parafrasando Mark Twain, la notizia della  morte del socialismo è grossolanamente esagerata3. Esistono molti paesi del mondo in cui governi guidati da forze comuniste, progressiste e rivoluzionarie stanno cercando di modificare i rapporti sociali di produzione nella direzione del socialismo, con maggiore o minore successo, dalla Bolivia al Nepal, senza naturalmente dimenticare Cuba, che resiste all’embargo da più di sessant’anni e sta controllando l’epidemia di Covid molto meglio di qualsiasi paese capitalista europeo o americano.

4. Tra tutte queste esperienze, quella più avanzata è ovviamente quella della Repubblica Popolare Cinese (RPC) e del suo modello di socialismo di mercato4. Questo modello si è venuto progressivamente consolidando ormai da più di quarant’anni, e ha mostrato una straordinaria capacità nel promuovere non solo lo sviluppo economico, ma anche lo sviluppo umano (inteso come il progressivo soddisfacimento dei bisogni essenziali della popolazione).

In questa sede, per brevità, menzioniamo solamente tre aspetti essenziali: crescita economica, riduzione della povertà, e aumento della aspettativa di vita

(inteso come il progressivo soddisfacimento dei bisogni essenziali del popolo).

 

5. Nel periodo 1971-2020, grazie allo straordinario ritmo di crescita dell’economia cinese, il PIL della RPC è passato dal rappresentare appena un 5% del PIL degli Stati Uniti 5 a costituirne il 76%6. Se agli inizi degli anni ’70 l’economia cinese era di dimensioni quasi pari a quella indiana, adesso il PIL della RPC è quasi sei volte più grande di quello dell’India.

lettera professor barbero 01

«Nel 1990 c’erano più di 750 milioni persone in Cina che vivevano sotto la linea internazionale di povertà assoluta – circa due terzi della popolazione. Nel 2012, il loro numero era sceso a meno di 90 milioni, e nel 2012 (…) era sceso 7,2 milioni (0,55 della popolazione)7» (Goodman 2021).

Nel febbraio 2021 la RPC ha dichiarato di avere completamente eliminato la povertà assoluta (Zhuoran Li 2021, Huaxia 2021, The State Council Information Office of the People's Republic of China 2021).

 

lettera professor barbero 03

(riprodotto in Goodman 2021)

 

Tra tutti gli indicatori di sviluppo umano, l’aspettativa di vita – che dipende da molti fattori tra loro interconnessi, tra cui il reddito, la sicurezza alimentare e l’educazione (soprattutto femminile) – è per ragioni evidenti quello più importante e significativo.

L’aspettativa di vita in Cina è cresciuta da 43,5 anni nel 1950 a 77.1 anni nel 2020, aumentando a un tasso elevato soprattutto durante il periodo maoista. Secondo stime preliminari, l’aspettativa di vita in Cina ha superato recentemente quella degli USA, devastati dal COVID, dove questo indicatore è sceso a 77 anni nel 2020 (1,8 anni in meno che nel 2019). Nel 2022, si stima che l’aspettativa di vita in Cina sia arrivata a 77, 3 anni (Knoema 2022, Macrotrends 2022, Santhanam 2021).

 

6. Lo spettacolare sviluppo socioeconomico della Cina, per la sua rapidità e per la sua scala immensa, è un fenomeno senza precedenti storici. Nessun osservatore serio e dotato di buon senso potrebbe metterlo in dubbio. Ma – obiettano in molti – la Cina è veramente socialista, o rappresenta una variante particolarmente efficace di capitalismo? A questa domanda non si può rispondere in modo manicheo e dicotomico, come se si trattasse di distinguere il bianco dal nero. Sarebbe come dire, ad esempio, che la Francia del XII secolo era completamente feudale al 100%, mentre quella del XIII non lo era più per niente – o che l’Inghilterra del 1790 non era affatto capitalistica, ma quella del 1820 lo era al 100%.

Un paese (o meglio, usando una più appropriate categoria teorica, una formazione economico-sociale) può essere considerato più o meno socialista, coerentemente ad un criterio olistico multidimensionale. Usando una parola brutta ma appropriata, un paese può essere ritenuto più meno socialistico8. Secondo noi, la Cina non solo non è capitalista ma è anche parecchio socialistica.

«Nel modello socialista di mercato cinese (…) il governo non fissa il prezzo dei gelati. La pianificazione è compatibile con il mercato, e si concentra piuttosto su obiettivi strategici chiave, come la promozione degli investimenti, l’accumulazione di capitale, la (quasi) completa occupazione, l’innovazione e il progresso tecnico, la protezione dell’ambiente e l’attuazione di mega-progetti a lungo termine come la Via della Seta e il Made in China 2025» (Gabriele e Jabbour 2020).

 

7. Non c’è stata privatizzazione della terra in Cina. La terra è ancora di proprietà statale e «Gli agricoltori non sono lavoratori salariati, ma principalmente lavoratori autonomi, inquadrati in quella che la terminologia marxista chiama “semplice produzione di merci” (Milanovic 2020), e quindi non legati a relazioni socioeconomiche capitalistiche».

Nelle aree urbane, le imprese cinesi9 comprendono le imprese pubbliche, i collettivi, le cooperative, le società a responsabilità limitata (SRL) le società per azioni (SPA) e le imprese private (IP). Queste ultime si sono moltiplicate, e ora sono di gran lunga la categoria più numerosa nel settore industriale. L’industria privata ha anche aumentato la sua quota relativa in termini di capitale e produzione, ma la maggior parte delle IP è ancora in media molto piccola. Tuttavia, grazie principalmente al loro numero, le IP rappresentano ora oltre ¼ della capitalizzazione e il 45% della produzione industriale.

Le imprese pubbliche sono molto diminuite di numero e hanno abbandonato quasi del tutto il settore manifatturiero. Tuttavia, molte di queste imprese sono diventate sono per lo più grandi e molto grandi, molto tecnologicamente avanzate, e svolgono funzioni strategiche di primaria importanza.

8. Quanto alle imprese miste, la maggior parte delle SRL e delle SPA dovrebbe essere vista come costituita da imprese industriali miste, controllate indirettamente dallo Stato. Sono il risultato del grande processo di trasformazione in società di capitali condotto dall’inizio di questo secolo, e costituiscono la componente più importante della strategia di sviluppo economico orientata al socialismo nell’ambito dell’evoluzione dei diritti di proprietà e delle strutture delle imprese. Pertanto, sono concettualmente imprese non capitaliste orientate al mercato (INCOM).

Le INCOM industriali hanno consolidato la loro posizione dominante in termini di capitalizzazione. La loro quota di produzione industriale è in calo, ma a un ritmo progressivamente decrescente, che sembra aver portato finora asintoticamente a una sostanziale stabilizzazione intorno al 48% del totale. Anche la loro quota di profitti e occupazione industriale si è stabilizzata a circa il 40%.

Dalla metà degli anni 2000 le INCOM superano anche le imprese capitaliste sia nazionali che straniere in termini di produttività del lavoro. Anche il loro livello di redditività media è buono, sebbene non tanto quanto quello delle imprese capitaliste. Questa performance complessiva delle INCOM è il risultato di tendenze abbastanza diverse manifestatesi nelle due relative sottocomponenti. Il rapporto capitale/lavoro delle imprese a controllo statale diretto è più che raddoppiato rispetto alla media dell’industria e ha continuato ad aumentare, poiché queste imprese hanno l’onere strategico di spingere l’accumulazione di capitale della Cina oltre la soglia che sarebbe normale in un paese capitalistico. Poiché devono portare questa croce per il bene di tutto il paese, le imprese controllate direttamente dallo Stato pagano un prezzo in termini di indicatori di produttività e redditività.

Al contrario, le imprese miste, controllate indirettamente dallo Stato, sono state dotate di ampi gradi di libertà per perseguire obiettivi commerciali. Pertanto, hanno ottenuto prestazioni migliori (a livello di impresa). Hanno investito molto e il loro tasso di crescita della produttività del lavoro è stato il più alto di tutta l’industria, superiore sia a quello delle imprese (totalmente) pubbliche che a quello delle imprese capitaliste. Le imprese miste controllate indirettamente dallo Stato hanno una redditività superiore a quella delle loro controparti controllate direttamente, anche se inferiore a quella delle società capitaliste che si dedicano esclusivamente alla massimizzazione del profitto. I dati sull’occupazione totale (industriale e di altri settori) confermano che la rilevanza quantitativa della componente capitalista dell’economia cinese non va sopravvalutata.

9. La percentuale di lavoratori urbani impiegati in imprese private (domestiche e controllate dall’estero) è in aumento, e nel 2016 ha eguagliato oltre 1/3 del totale urbano. Anche la percentuale di lavoratori rurali occupati dalle IP è aumentata, raggiungendo il 16% nel 2016. In complesso, la percentuale di lavoratori che lavorano per imprese capitaliste è costantemente aumentata, raggiungendo oltre ¼ del totale nazionale nel 2018. Tuttavia, oltre il 70% dei lavoratori cinesi sono ancora impiegati autonomamente, o in imprese non capitaliste e organizzazioni pubbliche non commerciali. Pertanto, la stragrande maggioranza dei lavoratori cinesi non è direttamente impiegata dai capitalisti (vedi Gabriele 2020).

 

10. La RPC non è una società socialista perfetta. Da molti punti di vista, non è nemmeno socialista in senso compiuto (tenendo conto, ad esempio, dei risultati ancora inadeguati degli sforzi in corso per combattere la disuguaglianza e il degrado ambientale). Ma, sicuramente, non è capitalista10.

Strategie di sviluppo orientate verso il socialismo – che sono molto disomogenee tra loro, e differiscono enormemente11 rispetto al rapporto tra Stato e mercato, nonché al livello di coerenza, stabilità ed efficienza realizzato fino ad oggi – si stanno sviluppando in molte parti del mondo. E stanno cambiando fortemente dei rapporti di forza tra gli sfruttati e gli sfruttatori, nel Nord12 e nel Sud.

La storia non è finita nel 1989, e nemmeno nel 1991.

 

 

Riferimenti bibliografici

ABALKIN, L. 1988, For a New Economic Thinking. Nova Mysl and Kommunist Roundtable, n. 15, pp. 59-71, 1988

BARBERO A. (2022), Perché Fascismo e Comunismo non sono uguali, intervista on line in “Youtube”: https://www.youtube.com/watch?v=gtmzsiBxh8A

 

DICTIONARY COM 2022, https://www.dictionary.com/browse/socialistic Retrieved on January 18 2022

 

GABRIELE A. and JABBOUR E. (2020), La Cina non è capitalista, in “La Fionda” 5 Maggio: https://www.lafionda.org/2020/05/05/la-cina-non-e-capitalista/

GABRIELE A. and JABBOUR E. 2022, Socialist Economic Development In The XXth Century - Challenges One Century After The Bolshevik Revolution, Giappichelli and Routledge, 2022 (forthcoming).

GOODMAN (2021), Has China lifted 100 million people out of poverty?, on “BBC”, February 28, in https://www.bbc.com/news/56213271

HUAXIA (2021a) (ed.), Xi declares "complete victory" in eradicating absolute poverty in China, on “Xinhua”, February 2:

http://www.xinhuanet.com/english/2021-02/26/c_139767705.htm

HUAXIA (2021b) (ed.),Poverty Alleviation: China's Experience and Contribution, on “Xinhua”, April 6: http://www.xinhuanet.com/english/2021-04/06/c_139860414.htm

 

JAIN-CHANDRA S., KHOR N., MANO R, SCHAUER J.,WINGENDER P. and JUZHONG ZHUANG (2018), Inequality in China – Trends, drivers and policy remedies, International Monetary Fund, Washington DC, June 5.


KNOEMA (2022), China Life expectancy at birth, 1950-2020,

https://knoema.com/atlas/China/topics/Demographics/Age/Life-expectancy-at-birth#:~:text=In%202020%2C%20life%20expectancy%20at,average%20annual%20rate%20of%200.50%25

Macrotrends 2022, China Life Expectancy 1950-2022, https://www.macrotrends.net/countries/CHN/china/life-expectancy Retrieved on January 18 2022

MILANOVIC B. (2020), Es China realmente capitalista?, in “El Pais”, Abril 15.

 

SANTHANAM L. (2021), COVID helped cause the biggest drop in U.S. life expectancy since WWII, PBS, Dec 22, 2021, https://www.pbs.org/newshour/health/covid-helped-cause-the-biggest-drop-in-u-s-life-expectancy-since-wwii

THE STATE COUNCIL INFORMATION OFFICE OF THE PEOPLE'S REPUBLIC OF CHINA 2021, Poverty Alleviation: China's Experience and Contribution

The State Council Information Office of the People's Republic of China

April 2021, in Huaxia 2021 b(ed.),

ZHUORAN LI (2021), How Successful Was China’s Poverty Alleviation Drive?

China eliminated extreme poverty, a monumental achievement. But the root causes of poverty persist, in “The Diplomat”, September 06:

https://thediplomat.com/2021/09/how-successful-was-chinas-poverty-alleviation-drive/

 

 

 

1 Tra l’altro, in questa intervista Barbero difende implicitamente le ragioni dei partigiani che ammazzarono molti tra i peggiori fascisti nei giorni successivi al 25 aprile, ben sapendo che altrimenti con l’aria che tirava se li sarebbero ritrovati poco dopo come prefetti, presidi di scuola, etc. Tanto di cappello, professore!

2 Nello stesso video Barbero dice anche che ogni tanto nel Sud del mondo, ad esempio in America latina, va al governo qualche partito di sinistra, che cerca di fare qualcosa per diminuire le diseguaglianze ma non si sogna nemmeno di cambiare in misura significativa i rapporti di proprietà. Questa interpretazione sembra sottovalutare gravemente il ruolo centrale che il conflitto sul controllo dei mezzi di produzione delle risorse naturali (terra, petrolio, litio, etc.) ha avuto ed ha nella storia recente del Nicaragua, del Venezuela, della Bolivia, del Brasile, dell’Ecuador, e che non potrà non avere in Perù e in Cile.,

3. Vedi Twain 2022.

4 Questo modello e’a stato adottato autonomamente anche dal Vietnam, e si sta sviluppando in forme embrionali anche in altri paesi

5 In dollari del 2015. In termini potere d’acquisto, il PIL cinese ha superato quello americano ormai da vari anni.

6 Invece il PIL dell’India, che agli inizi degli anni ’70 era quasi uguale a quello cinese.

7 Traduzione nostra.

8 “The adjective socialistic means in accordance with socialism, having the property of being socialist. By construction, socialistic is a comparative adjective, that cannot be used in a dichotomous and absolute fashion (as opposed to the adjective socialist). I.e., you can say that country A is moderately socialistic, or more socialistic than country B, but you cannot say country A is socialistic tout court” (Gabriele e Jabbour 2022). Il termine socialistico non e’ mai stato usato ampiamente, ma la sua origine risale alla meta’ del secolo XIX (vedi Dictionary com 2019, Abalkin 1988).

9 Il ruolo delle imprese straniere è rilevante, ma non di primaria importanza, ed è diminuito nel decennio scorso.

10. Alberto Gabriele and Elias Marco Khalil Jabbour, La Cina non è capitalista, in “La Fionda”, 5 Maggio 2020.

11. Tuttavia, è interessante notare come i modelli di socialismo di mercato attualmente prevalente in Cina e in Vietnam siano straordinariamente simili, pur essendo stati adottati ed essendosi sviluppati in modo assolutamente indipendente l’uno dall’altro. Questo fatto stilizzato sembra indicare che esistano delle “leggi di movimento” oggettive, che limitano in tutti i paesi i gradi di libertà dei pianificatori socialisti nel secolo XXI, e li obbligano (a volte dopo avere appreso lezioni molto dure) ad attribuire una altissima priorità al mantenimento di un rapporto appropriato e armonico tra stato e mercato.

12. Il riacutizzarsi della lotta di classe negli Stati Uniti è particolarmente significativo.

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