Alessandro Volpi, Piotr Zygulski*

 

In che situazione politica si trova il complesso fronte rivoluzionario che si pone alla guida della Rivoluzione del ’17, e che ruolo hanno i vari soggetti politici, eterogenei ideologicamente e fortemente legati alla peculiare realtà politica e storica russa?

Le tradizioni politiche con cui la Russia si affaccia al 1917 sono in effetti molto peculiari. C'è, ad esempio, il carattere “trino” del movimento socialista: i neo-narodniki del Partito Socialista Rivoluzionario (Sr, esèry) che vedono nei contadini e nelle loro tradizioni comunitarie il principale soggetto rivoluzionario in Russia; i marxisti di rito menscevico, gradualisti, secondo cui il nucleo operaio doveva aggregare un partito d'opinione di tipo europeo; i marxisti bolscevichi, fautori di una militanza totalizzante e inclini a “bruciare le tappe” verso il socialismo.

 

Andrea Vento (Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati)

Dopo aver inaugurato nel 2009 la stagione del Golpe Soave con la deposizione del legittimo Presidente Manuel Zelaya, reo di essersi avvicinato all'Alba[1], in questo giorni in Honduras si sta scrivendo una nuova pagina di storia relativa a questa, ormai consolidata, strategia destabilizzante.

 

Andrea Vento - Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati

 

 

Dal 7 al 17 novembre a Bonn, presieduta dalle isole Fiji, si è tenuta la Cop 23 (la 23esima Conferenza annuale sul clima organizzata dall'Onu) nel cui ambito, i rappresentanti di 195 paesi più l'Ue, si sono riuniti al principale scopo di trovare strategie di applicazione concreta degli Accordi di Parigi, raggiunti alla Cop 21 del 2015, in tema di riduzione dei gas climalteranti. Accordi storici che, a seguito dei proclami enfatici dei leaders mondiali, avevano suscitato grandi speranze per il contenimento del gravoso problema del surriscaldamento globale.

 

Fabio Massimo Parenti[1]

La pubblicazione del libro Il socialismo prospero, saggi sulla via cinese (Milano, 2017) è in piena sintonia coi lavori congressuali del PCC, appena conclusi a Beijing. Di seguito una breve ricognizione.

 

Gianmarco Pisa

È sempre opportuno trarre dal passato indicazioni per il presente e orientamenti per l’avvenire, e ricavare, dai grandi momenti della storia dell’umanità, conoscenza e insegnamenti. L’insegnamento che deriva dai grandi processi storici e sociali, al tempo stesso, ne segnala il rilievo, la portata più che ordinaria in termini di connotazioni e di implicazioni; e ne tradisce l’attualità, il fatto che caratteri e movenze fondamentali di quegli eventi storici siano in grado di parlare all’oggi, di consentirci di leggere il tempo presente, di consegnarci una traccia per la trasformazione.

Marcello Musto

(da "il manifesto", 8.9.2017)

 

 

L’opera che, forse più di qualunque altra, ha contribuito a cambiare il mondo, negli ultimi centocinquant’anni, ebbe una lunga e difficilissima gestazione. Marx cominciò a scrivere Il capitale solo molti anni dopo l’inizio dei suoi studi di economia politica. Se aveva criticato la proprietà privata e il lavoro alienato della società capitalistica già a partire dal 1844, fu solo in seguito al panico finanziario del 1857, iniziato negli Stati Uniti e poi diffusosi anche in Europa, che si sentì obbligato a mettere da parte le sue incessanti ricerche e iniziare a redigere quella che chiamava la sua «Economia».

 

Franco Bianco ([1]

 

Il premio Nobel per l’economia Wassily Leontief nel 1983 dichiarò che “l’importanza degli esseri umani come fattore di produzione è destinata a diminuire come quella dei cavalli nell’agricoltura, che sono stati eliminati con l’introduzione dei trattori”.

Con questa teoria è d’accordo anche Martin Ford, uno studioso americano di intelligenza artificiale e robotica, che già in un suo libro del 2009 - intitolato The Lights in the Tunnel (Le luci nel tunnel) - dichiarava: “A un certo punto nel futuro, forse anche tra molti anni o decenni, le macchine riusciranno a svolgere le mansioni di buona parte della popolazione media e, di conseguenza, per queste persone non esisteranno più nuovi posti di lavoro”.

Manfredi Alberti*

  

L’epoca attuale è segnata dalla crescita delle disuguaglianze e dei divari economici. La crisi economica in corso, ormai quasi decennale, sta ampliando le divergenze, non solo all’interno dell’Italia ma anche fra l’economia italiana nel suo complesso e i centri forti dell’economia europea, capeggiati dalla Germania. Questo processo è testimoniato dall’inarrestabile desertificazione industriale del nostro Paese, già evidente da diversi anni e in buona parte figlia della furia privatizzatrice dell’ultimo ventennio[1].

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