Michael Jabara Carley *

 

Il 19 giugno il presidente Vladimir Putin ha pubblicato un articolo[1] sulle origini della Seconda Guerra Mondiale in cui intendeva dimostrare, sulla base di alcuni documenti tratti dai ricchi archivi russi, che l’URSS, contrariamente a quanto dice la storia fake pubblicizzata in occidente, era ben lungi dall’essere responsabile dello scoppio di quel conflitto. Per storia fake intendo quella largamente diffusa, inter alia, dal Parlamento Europeo di Strasburgo e dall’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa.

Le reazioni occidentali all’articolo di Putin sono state furiose, indignate ma, più semplicemente, ridicole. Ecco alcuni esempi che ho tratto casualmente da Twitter.

“La Russia sarà ricordata come un impero di ciniche bugie.”

“Il Cremlino loda Stalin.”

“Putin vira verso un revisionismo radicale.”

“Naturalmente è un pezzo di rozza propaganda.”

Questi sono i commenti di chi non sa nulla o di chi odia per professione, volendo in realtà aggregarsi al carrozzone della russofobia e dell’anti-putinismo ora prevalenti in Occidente. Ci vogliono anni, persino decenni, per esplorare i vari archivi nazionali alla ricerca dei perchè sull’origine e su come è stata condotta la Seconda Guerra Mondiale. Ho personalmente lavorato in questi archivi per più di trent’anni e non lo dico per vantarmi, ma semplicemente per sottolineare che il lavoro della mia vita è stato dedicato allo studio della politica estera sovietica e all’origine e alla conduzione della Seconda Guerra Mondiale. Attualmente sto lavorando ad un nuovo libro, che copre il periodo che va dal 1930 al 1942, un manoscritto che finora ha raggiunto i 21 capitoli e oltre 1.200 pagine e molto ho ancora da aggiungere per completarlo. Alcuni critici, senza alcun dubbio, rifiuteranno il mio lavoro, utilizzando l’eterna strategia di colpire il messaggero per occultare e sbarazzarsi del messaggio. Ci si deve prendere i propri rischi quando si va contro l’ortodossia e le idee inculcate. Questa è la vita.

Benchè abbia già scritto[2] e continui a scrivere parecchio su quello che è il soggetto dell’articolo del presidente Putin, in questa rubrica farò riferimento solamente ad alcuni punti salienti di quella tematica basati su materiali tratti dagli archivi sovietici, francesi, britannici e statunitensi. Devo aggiungere che i casellari diplomatici sovietici sono molto ricchi e non spiegano soltanto la politica estera sovietica, ma contengono relazioni sulla vita politica, l’economia e le relazioni estere di molti paesi. Si possono trovare straordinari, dettagliati rapporti di conversazioni tra diplomatici sovietici e politici, funzionari, diplomatici, giornalisti, uomini d’affari e persino iscritti alla massoneria dei paesi cui erano stati destinati. Questi interlocutori stranieri parlano con grande schiettezza di quello che sta succedendo nei loro paesi. Pochi importanti esempi sono Winston S. Churchill, Sir Robert Vansittart, Max Aitken (o Lord Beaverbrook), David Lloyd George, Léon Blum, Édouard Herriot, Gerges Mandel, Joseph Paul-Boncour e il meno noto ministro degli esteri rumeno, Nicolae Titulescu.

Mi propongo di anticipare qui alcune parti del manoscritto del libro che sto scrivendo. Iniziamo pertanto dal dicembre 1933. Undici mesi dopo la salita di Hitler al potere il Politburo Sovietico definì i principi di una nuova politica di sicurezza collettiva e di mutua assistenza contro la Germania nazista. L’idea dei sovietici era di ripristinare l’entente anti-germanico della Prima Guerra Mondiale e i suoi principali componenti sarebbero stati la Francia, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e persino l’Italia fascista. Anche se pubblicamente non dichiarato, si trattava di una politica di contenimento e, se questa non si fosse dimostrata sufficiente, di preparazione a una guerra. La Lega delle Nazioni divenne un importante elemento della strategia sovietica che prevedeva il suo rafforzamento e un eventuale utilizzo in vista di uno scontro con la Germania nazista.

La ricerca di un miglioramento delle relazioni sovietiche con la Francia iniziò nel 1932, con gli Stati Uniti nel 1933 e con la Gran Bretagna nel 1934. Le circostanze, naturalmente, furono diverse nei vari paesi, ma i tentativi sovietici di giungere al traguardo della sicurezza collettiva e della mutua assistenza contro l’hitlerismo furono, nella sostanza, respinti dagli Stati Uniti nel 1934, dalla Francia (un caso più complesso) inizialmente nel 1934 e dalla Gran Bretagna nei primi mesi del 1936.

Il governo sovietico cercò di migliorare le proprie relazioni con la Romania dove il maggior patrocinatore della mutua assistenza era il ministro degli esteri, Titulescu. Questi intratteneva un buon rapporto con la sua controparte sovietica, Maksim M. Litvinov, l’abile esecutore della politica estera di Mosca, e con l’ambasciatore sovietico a Bucarest, Mikhail S. Ostrovsky. Titulescu aveva più fiducia in Ostrovsky che nei suoi compagni di governo, ma fu fatto dimettere nell’agosto del 1936: i suoi colleghi di gabinetto lo ritenevano “troppo filo-sovietico”. Le sue dimissioni segnarono la fine di ogni serio tentativo di giungere a una mutua assistenza rumeno-sovietica.

Anche in Cecoslovacchia, i diplomatici sovietici fecero dei progressi. Il loro compito era più facile a Praga dato che la Germania nazista era un’ovvia minaccia all’indipendenza della Cecoslovacchia. Un patto di mutua assistenza venne concluso nel maggio 1935, tuttavia limitato nel suo campo d’applicazione e condizionato dal fatto che, in caso di aggressione nazista, ci fosse stato per primo un intervento francese.

Potrebbe sorprendere, ma il governo sovietico cercò anche di migliorare i suoi rapporti con la Polonia, specialmente negli anni 1932-1933. I polacchi si finsero in qualche modo interessati alle aperture sovietiche, ma era solo un espediente da utilizzare per incrementare il loro valore nei negoziati con la Germania hitleriana con cui conclusero, nel gennaio 1934, un patto di non-aggressione. Dopodichè, i polacchi respinsero ogni ulteriore apertura sovietica per migliorare le loro relazioni. La Polonia divenne un deciso oppositore e addirittura un ostacolo alla sicurezza collettiva e alla mutua assistenza proposta dai sovietici e ciò fino all’agosto del 1939. Nel 1938, il governo polacco si comportò da complice della Germania hitleriana nello smembramento della Cecoslovacchia e venne diffusamente criticato per questo. Churchill si riferì ai polacchi come a degli “avvoltoi”. L’allora colonnello Charles De Gaulle riteneva che la Polonia non fosse “nient’altro … che una doppiogiochista” (1936). Un diplomatico francese, Roland de Margerie, paragonò i polacchi durante la crisi di Monaco agli “spiriti malvagi che nei secoli passati battevano i campi di battaglia per ammazzare e rubare ai feriti”. Il resoconto di Putin sulla politica polacca nel corso degli anni Trenta è storicamente corretto e sostenuto da prove archivistiche e non è “revisionismo radicale” … a meno che non si voglia considerare Churchill un “revisionista”. Mi immagino il presidente Putin un po’ come il sergente Joe Friday, il detective della polizia di Los Angeles della telenovela, dire “Solo i fatti … voglio solo far parlare i fatti …”

Nel 1937, l’alto comando polacco spiegò la sua posizione alla controparte francese. I polacchi si vedevano tra potenziali nemici, Germania nazista ad ovest e Unione Sovietica ad est. Secondo un rapporto del Deuxiemme Bureau francese, i contatti con il gruppo dei generali polacchi indicavano “un’accentuazione molto chiara delle posizioni polacche in senso anti-russo.”

“Dal punto di vista polacco,” osservava il rapporto, “il pericolo tedesco rispetto alla Polonia era limitato a qualche nota rivendicazione territoriale. Il pericolo russo, invece, mirava alla distruzione totale dello stato polacco.” I lettori dovrebbero comprendere che non c’era da parte russa all’epoca alcun intendimento in tal senso. Al contrario. La politica sovietica, come diceva spesso il commissario Litvinov, era di puntare a migliorare i rapporti con la Polonia e di attrarla nell’entente anti-nazista. L’élite polacca vedeva le cose diversamente. Di fronte ai due pericoli, il gruppo dei generali polacchi non solo non contemplava minimamente una cooperazione con l’URSS, ma dichiarava ai francesi che, nel caso di una “invasione” sovietica per una qualsiasi ragione [intendendo un intervento dell’Armata Rossa con passaggio in territorio polacco per aiutare la Cecoslovacchia nell’eventualità di un’aggressione nazista], ciò “porterebbe ad accettare l’aiuto militare tedesco, anche se tale collaborazione dovesse portare a perdite territoriali polacche.” Dal 1934 in poi l’elemento cruciale per un efficace sostegno militare sovietico a Francia e Cecoslovacchia era il transito dell’Armata Rossa attraverso regioni di Romania e Polonia per poter impegnare il nemico (dato che l’URSS non aveva una frontiera comune con la Germania). La Polonia non si sarebbe mai detta d’accordo con questo, benchè la Romania, sotto Titulescu fosse più accomodante e si accontentasse di garanzie francesi e inglesi. I polacchi stavano sostanzialmente ricattando i francesi: se vi alleate con l’URSS, noi lo faremo con la Germania nazista. Cosa farete allora? Lo stato maggiore francese comprese il messaggio.

Uno dei più cospicui esempi della cattiva fede occidentale nei confronti dell’URSS è quello dei francesi. Nel maggio 1935 la Francia e l’URSS avevano firmato un patto di mutua assistenza che la parte francese aveva provveduto a svuotare di ogni sostanza. Si tratta di una storia complicata[3]. Nonostante gli ostacoli, i diplomatici e i militari sovietici avevano perseguito un consolidamento del patto di mutua assistenza mediante colloqui con lo stato maggiore dell’esercito francese ossia tra generali di alto grado sovietici e francesi. C’erano politici e ministri francesi che volevano che queste discussioni proseguissero, ma lo stato maggiore francese e il ministro della Difesa, Édouard Daladier, si opponevano. Era difficile farlo apertamente (perchè alcuni membri del gabinetto erano favorevoli al proseguimento dei colloqui), e così i generali e Daladier optarono per una politica di dilazione. Tirare avanti, tirare avanti, tirare avanti divenne la strategia francese. Daladier era un disfattista. Nel 1936 disse ai suoi colleghi che la Germania avrebbe spianato le difese cecoslovacche nel giro di sei ore, per cui non valeva la pena combattere. Scioccante, impossibile, si può pensare, ma i documenti d’archivio sovietici e francesi si incastrano perfettamente gli uni con gli altri come i mattoni nel muro ben connesso da un muratore. Era del tutto fuori discussione che la parte sovietica desiderava un consolidamento delle relazioni franco-sovietiche per affrontare il pericolo nazista e che i generali francesi non lo volevano. Le ragioni erano molteplici, dall’ostilità nei confronti del partito comunista francese e dell’URSS, al disfattismo, alla paura della guerra e della diffusione del comunismo, all’ammirazione per il fascismo e così via.

Le dimissioni di Titulescu nell’agosto 1936 segnarono il punto del fallimento della politica sovietica, anche se i sovietici continuarono a perseguire la linea della mutua assistenza contro la Germania nazista fino all’agosto 1939. Uno dopo l’altro, Stati Uniti, Francia, Italia, Gran Bretagna respinsero qualsiasi miglioramento delle relazioni con l’URSS. Le potenze minori guardavano a questi sviluppi con sconcerto.

Cecoslovacchia e Romania misuravano il loro atteggiamento su quello di una Francia forte e non sarebbero mai andati oltre gli impegni che questa si sarebbe assunta nei confronti dell’URSS. La Francia guardava alla Gran Bretagna. I britannici erano la chiave, se fossero stati decisi a marciare, pronti ad allearsi con l’URSS, tutti gli altri si sarebbero decisi a superare la linea. Senza di loro – che non avevano alcuna intenzione di marciare – tutto si sarebbe inceppato.

Nell’autunno del 1936, tutti gli sforzi sovietici per la mutua assistenza erano falliti e l’URSS si era trovata isolata. Nessuno aveva voluto allearsi con Mosca contro la Germania nazista. Invece, tutte le potenze europee citate sopra condussero negoziati con Berlino per cercare di allontanare il lupo dalle loro porte. Persino i cecoslovacchi. L’idea, sia dichiarata che sottintesa, era di far volgere le ambizioni di Hitler in direzione est, contro l’URSS. “Uno spirito di capitolazione,” Litvinov scriveva a Stalin nel settembre 1936, “è emerso non solo in Francia, ma anche in Cecoslovacchia …” Questa è la ragione per cui il governo sovietico continuò ad inseguire la mutua assistenza. Non desiderava, comunque, in alcun modo trovarsi isolato in Europa, una vera minaccia soprattutto se Francia e Gran Bretagna avessero concluso, come cercavano di fare, con Hitler un accordo per la sicurezza dell’Europa occidentale.

Il resoconto di Putin sul ruolo polacco nella crisi di Monaco[4] è corretto e non si può smentire, almeno sulla base delle evidenze storiche attuali. L’ironia sta naturalmente nel fatto che la Polonia fu complice della Germania hitleriana nel 1938 solo per diventarne la vittima nel 1939.

Il breve ragguaglio di Putin sui negoziati dell’ultima ora nel 1939 tra Francia, Gran Bretagna ed URSS è altrettanto accurato. In qualche modo l’insistenza sovietica nella ricerca di un’alleanza contro la minaccia nazista è un dato significativo, nonostante gli anni di disinteresse o opposizione alla politica della sicurezza collettiva manifestati dagli anglo-francesi. Anche durante l’estate del 1939 gli inglesi continuavano i loro negoziati segreti con i tedeschi alla ricerca di un accordo dell’ultimo minuto mentre erano contemporaneamente in trattative con l’Unione Sovietica. La notizia uscì sui giornali inglesi nel luglio del 1939 causando uno scandalo a Londra. Immaginate la reazione sovietica nel mentre si stava negoziando un accordo per l’inizio delle trattative da tenersi a Mosca in vista di un’alleanza anglo-franco-sovietica[5].

Agli inizi di agosto delegazioni militari britanniche e francesi partirono per Mosca su una lentissima imbarcazione mercantile, il City of Exeter, che raggiungeva la rispettabile velocità – forse per un’epoca molto precedente – di tredici nodi. Un funzionario del Foreign Office, avanzando un’osservazione, aveva proposto di inviare le missioni con una flottiglia di veloci incrociatori inglesi ma il Segretario agli Esteri, Lord Halifax, ritenne che l’idea poteva venire interpretata dai tedeschi come una provocazione. Fu così che ci vollero cinque giorni su un goffo e antiquato mercantile perchè le delegazioni francese e britannica raggiungessero il territorio dell’URSS. Giocarono a bocce sul ponte per passare il tempo. Nel mentre – tic-tac – il conto alla rovescia era in corso. Tutti

sapevano che si stava avvicinando allo zero.

Erano seri inglesi e francesi su questi negoziati dell’ultima ora? Il capo negoziatore britannico, ammiraglio Sir Reginald Drax, non aveva con sé alcun mandato scritto che gli conferisse il potere di condurre negoziati e firmare un accordo con la parte sovietica. Il Foreign Office alla fine inviò delle credenziali per posta aerea. Non è noto neppure se Drax le abbia ricevute. La sua controparte francese, il generale Joseph Doumenc, era accompagnato da una vaga lettera di autorità firmata dall’allora président du Conseil, Daladier. Poteva negoziare, ma non firmare l’accordo. Doumenc e Drax non rappresentavano, in un certo qual modo, nessuno. All’altro capo del tavolo la delegazione sovietica, composta da alti ufficiali dello stato maggiore, era presieduta dal maresciallo Kliment Voroshilov, commissario per la guerra, ed era dotata di poteri plenipotenziari e ciò era possibile sotto Stalin. “Ogni indicazione raccolta va nel senso,” avvertiva l’ambasciatore britannico a Mosca, “che i negoziatori militari sovietici sono veramente pronti per concludere un accordo.” Di contro, le istruzioni formali inglesi erano “andare molto lentamente”, come correttamente sottolinea il presidente Putin. Quando Drax incontrò il Segretario agli Esteri Halifax, prima della partenza per Mosca, domandò sulla “possibilità di un fallimento” nei negoziati. “Ci fu un breve, ma apprezzabile silenzio,” secondo Drax, “e il Segretario agli Esteri rimarcò allora che, in generale, sarebbe stato preferibile trascinare il negoziato il più a lungo possibile.” Doumenc commentò di essere stato mandato a Mosca a “mani vuote”, les mains vide. Non avevano nulla da offrire ai loro interlocutori sovietici. Non potevano offrire la collaborazione della Polonia, per la contrarietà fino all’ultimo di questa ad un accordo. Nè erano in grado di offrire dinamici piani militari per sconfiggere Hitler : la Gran Bretagna poteva inviare due divisioni. Di contro, l’URSS era in grado di mobilitare immediatamente un centinaio di divisioni, anche se contemporaneamente le forze sovietiche erano impegnate in duri combattimenti con i giapponesi lungo la frontiera con la Manciuria. “Non sono seri,” concluse Stalin. I governi francese e britannico sembravano pensare di poter prendere in giro Stalin come si fa con uno stupido. Quanto si sbagliavano.

È facile criticare i sovietici per avere aderito al patto di non-aggressione. Era l’unica praticabile opzione politica rimasta. Ad essere nei panni di Stalin, che cos’altro si sarebbe potuto fare ? I sovietici avevano ufficialmente inseguito la politica della sicurezza collettiva e della mutua assistenza contro la Germania nazista fin dal dicembre 1933. Ogni iniziativa, ogni tentativo di raggiungere un’entente anti-nazista con l’Occidente era fallito. Inglesi e francesi non lo volevano, preferendo tirarla per le lunghe per trovare un qualche accomodamento con Hitler. L’accordo di Monaco, il tradimento della Cecoslovacchia, li rendono non idonei a criticare il patto di non-aggressione. Come disse lo storico inglese A. J. P. Taylor sessant’anni fa, i violenti rimproveri occidentali contro l’URSS “andavano a male se pronunciati da statisti che erano andati a Monaco … I russi, in effetti, fecero solo quello che gli uomini di stato dell’occidente avevano sperato di fare e l’acredine occidentale era l’acredine della delusione, mischiata alla rabbia, perchè le professioni di comunismo non erano più sincere delle loro proprie professioni di democrazia [nel trattare con Hitler].” In agosto del 1939 l’ambasciatore francese a Mosca chiamò l’accordo russo-tedesco pan per focaccia.

Persino nell’agosto del 1939, nell’imminenza della guerra, i francesi e gli inglesi non erano seri. Si può pensare di prendere in giro tanto a lungo solamente uno stupido. Stalin non lo era. Inoltre le grandi potenze non scelgono di andare alla guerra munite di alleanze deboli e quasi simulate. Date le circostanze, dato il pericolo, la pazienza sovietica a lungo in sofferenza con i suoi interlocutori francesi e inglesi alla fine si esaurì.

Negli anni Trenta un’alleanza tra sovietici ed occidentali non era, tra l’altro, una scelta al buio. C’era chi, sia in Francia che in Gran Bretagna, era favorevole ad un’alleanza con l’URSS e si era battuto con decisione per conseguirla. Un diplomatico sovietico li chiamava “corvi bianchi” o uccelli rari. Erano quelli che valutavano che senza l’URSS e l’Armata Rossa, non si poteva sperare di sconfiggere la Wehrmacht nazista. Avevano ragione, come dimostreranno gli sviluppi sul campo della Seconda Guerra Mondiale. Non furono pochissimi quelli che in Francia e Gran Bretagna si schierarono a favore di un’alleanza con la Russia, ma non riuscirono a deviare il percorso dei loro governi. Non erano abbastanza numerosi o abbastanza influenti per questo.

Fin giusto alla fine i polacchi si dimostrarono incorreggibili e si comportarono da folli, accecati dal loro odio per la Russia e i sovietici. Quando arrivò il momento della scelta tra Germania e Russia, l’élite polacca non ebbe esitazioni. I russi erano “degli asiatici”, “dei barbari”, i tedeschi almeno erano un popolo civilizzato, europeo. Quando Drax e Doumenc si incontrarono a Mosca per l’ultima volta con Voroshilov per chiedere che si continuassero i negoziati, il generale sovietico – secondo il resoconto segreto sovietico del colloquio – disse : “Nel momento in cui stavamo discutendo l’organizzazione di un fronte unito contro le aggressioni in Europa, sia la stampa polacca che singole personalità politiche polacche continuavano a dichiarare con straordinaria energia e senza sosta di non aver bisogno di nessun aiuto da parte dell’Unione Sovietica. La Romania si manteneva tranquilla, ma la Polonia si stava comportando in modo molto strano: gridava al mondo intero che le truppe sovietiche non sarebbero passate sul suo territorio [per affrontare il comune nemico nazista], che non considerava necessario avere alcun rapporto con l’Unione Sovietica e via di questo passo. In queste circostanze puntare sul successo dei nostri negoziati è, naturalmente, impossibile.” L’ammiraglio Drax rispose di sperare che nel futuro le circostanze sarebbero diventate più favorevoli. “Lo speriamo anche noi,” replicò Voroshilov. Alla fine le circostanze migliorarono, ma nel 1941, quando la grande alleanza si fece sotto il fuoco delle armi naziste.

C’è un’ultima ironia che mi piace sottolineare. Nel corso degli anni tra le due guerre Stalin perseguì una politica volta ad evitare l’isolamento dell’Unione Sovietica in modo che l’Occidente non volesse/potesse coalizzarsi contro l’URSS. Nell’agosto del 1939 si trovò di fronte ad opzioni ugualmente non allettanti: guerra con alleati incerti ovvero una guerra da solo contro la Wehrmacht oppure accordo, comunque negativo, e probabilmente temporaneo, con la Germania hitleriana, per stare fuori dalla guerra. La scelta di Stalin si dimostrò infausta. Nel giugno del 1941 si trovò di nuovo isolato di fronte alla massiccia invasione tedesca. La Francia era già andata, battuta e umiliata nel 1940. La Gran Bretagna si era salvata solo per il Canale della Manica e la Royal Air Force. Poteva offrire ben poco aiuto all’Unione Sovietica e, certamente, nessun contingente militare inglese da inviare a combattere sul fronte russo. L’Armata Rossa dovette affrontare la Wehrmacht sostanzialmente da sola per tre anni, esattamente la situazione che Stalin aveva sempre voluto evitare. Che era, comunque, arrivata. Talvolta la gente dimentica che un tempo il passato era futuro. Le decisioni sulla vita e la morte sono meno facili da prendere oggi di quanto lo saranno con il senno di poi.  

I fatti sono fatti: nessun paese in Europa, nessun governo volle allearsi compiutamente con l’Unione Sovietica contro il nemico comune. Le piccole potenze contavano sulla Gran Bretagna e sulla Francia per decidere se fare il passo, ma quelle non lo fecero mai. L’URSS era la Cassandra del malaugurio, quella che diceva la verità sulla minaccia nazista: quasi tutti la disdegnarono e pochi l’ascoltarono. Piaccia o meno, il risultato diretto fu il patto di non-aggressione.

I fatti non fermeranno i maggiori media occidentali e gli “esperti” su Twitter dal lanciare accuse di vario genere contro il presidente Putin e la Federazione Russa e non fermeranno i polacchi dal negare la loro lugubre storia negli anni Trenta. Tutto questa fa parte di una pericolosa campagna USA/NATO per denigrare ed isolare la Federazione Russa e il suo presidente. La guerra di propaganda sul secondo conflitto mondiale continua, prove d’archivio o meno. Nel paragone con altri politici, il presidente Putin non è un cattivo storico. Condivido, più o meno, le sue opinioni sulla Seconda Guerra Mondiale e spero che, non troppo tardi, arriverò a un libro da pubblicare che dimostri, aldilà di ogni dubbio, dove stanno le responsabilità per lo scoppio della guerra nel 1939.

Concludo con una levata di cappello per il presidente Putin che ha osato sfidare la storia fake che viene diffusa in Occidente e ha osato affrontare la chiassosa e affettata indignazione dei critici occidentali. La sua idea di migliori relazioni con Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia è splendida, anche se deve certamente sapere che, verosimilmente, le sue opinioni storiche non produrranno nulla in questo senso. Quando si hanno grandi responsabilità nel tentativo di mantenere la pace, comunque, si fa quel che si può, anche se è solo per la cronaca.      

 

* Université de Montréal, 26 giugno 2020. https://www.strategic-culture.org/news/2020/06/26/in-support-of-president-putin-history-world-war-ii/ Traduzione di Silvio Calzavarini.

[1] http://en.kremlin.ru/events/president/news/63527

[2] https://umontreal.academia.edu/MichaelJabaraCarley

[3] https://www.academia.edu/9557300/ "'Only the USSR has... Clean Hands' : the Soviet Perspective on the Failure of Collective Security and the Collapse of Czechoslovakia, 1934-1938" part 1.

[4] https://www.academia.edu/9557325/ "'Only the USSR has... Clean Hands' : the Soviet Perspective on the Failure of Collective Security and the Collapse of Czechoslovakia, 1934-1938" part 2.

[5] https://www.academia.edu/36400037/ "Fiasco: The Anglo-Franco-Soviet Alliance That Never Was and the Unpublished British White Paper, 1939–1940".

 

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