Gianni Cadoppi

 

6. Disuguaglianze regionali (1): il Go West

In Cina ci sono tre fondamentali disparità. Due, quella tra lavoratori industriali e agricoli, quella tra città e campagna le abbiamo già affrontate. Rimane da affrontare quella tra regioni che in Cina si chiamano provincie. La differenza tra regioni costiere e dell’interno si aggiunge a quella tra città e campagna in quanto le regioni litoranee orientali sono prevalentemente industriali e quelle interne sono agricole. Le differenze sono anche originate sia dalle differenti sorgenti di reddito, ad esempio l’aumento degli stipendi nelle aziende collocate in campagna, sia dalla differenza nel ruolo dell’educazione che spiega in particolare le differenze regionali nei redditi cittadini. Dove l'istruzione è più sviluppata i redditi sono maggiori.

Il paese viene diviso dal governo in tre principali regioni: le dodici province sviluppate dell’est e della costa, le nove meno sviluppate del centro e le nove sottosviluppate dell’ovest. Il governo ha stipendi differenziati per i suoi impiegati a secondo delle province già dalla metà degli anni Cinquanta.

La Cina maoista, contrariamente a quanto si pensa, non era poi una società totalmente egualitaria. Lo sviluppo rimase concentrato a Shanghai e Pechino. Nel 1950 il divario tra regioni ricche e quelle povere era 11 a 1. Nel 1952 Shanghai era sette volte più ricca della provincia più povera del paese, nel 1978 era 14 volte più ricca. Alcune zone erano persino più arretrate rispetto al 1952.

I redditi delle province cinesi non mostrano una forte convergenza o divergenza durante la fase iniziale della pianificazione centrale, dal 1952 al 1965. Paradossalmente è durante la rivoluzione culturale, dal 1965 al 1978, che la disuguaglianza regionale si è ampliata. La pianificazione socialista tendente all'industrializzazione accelerata già favoriva le regioni industriali più ricche a scapito di quelle povere e prevalentemente agricole. All'inizio della Rivoluzione Culturale i centri di pianificazione sono stati praticamente distrutti dagli sconvolgimenti politici interni e le regioni divenute semi-indipendenti sono state costrette a politiche autarchiche come risultato della rottura degli scambi interregionali. In questo periodo le disuguaglianze si sono fortemente accentuate venendo a mancare il riequilibrio dovuto al centro.

L'analisi econometrica mostra che il decentramento fiscale e la liberalizzazione degli scambi hanno contribuito alla crescita della disuguaglianza (Kanbur e Zhang 2005). La decentralizzazione della raccolta delle tasse (il famoso federalismo fiscale) riduce la capacità del governo centrale di attutire le differenze regionali (Lessons 1996). Infatti durante il periodo di anarchia della Rivoluzione Culturale avvenne proprio questo come paradossalmente nel periodo di maggiore decentralizzazione e "liberalismo" agli inizi degli anni Novanta. Il decentramento fiscale ha permesso alle province costiere più ricche di aumentare le loro entrate e quindi di promuovere maggiormente lo sviluppo economico. La liberalizzazione del commercio ha permesso alle province costiere di crescere più rapidamente sia per il loro vantaggio geografico che per il trattamento preferenziale da parte del governo centrale (per quanto riguarda, per esempio, le infrastrutture e gli investimenti diretti esteri). Come diceva Deng bisognava cominciare dal più facile ossia concentrare gli sforzi dove potevano dare risultati immediati.

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Figura 10: Il PIL pro capite per provincia nel 1978 dal quale si evince il forte squilibrio tra Shanghai e le altre provincie

Fu solo dopo le riforme iniziate nel 1978 che i redditi regionali hanno cominciato a livellarsi. Questa convergenza è stata fortemente associata con l'aumento della produttività rurale, ed era particolarmente forte all'interno del gruppo delle province che si sono aperte per integrarsi con il mercato mondiale. A partire dal 1990, anche se la convergenza è continuata all'interno delle province costiere, esse però hanno cominciato a crescere sensibilmente più veloci rispetto a quelle interne, e quindi i redditi regionali hanno iniziato a divergere ancora una volta.

La diseguaglianza del reddito regionale è leggermente diminuita tra il 1952 e il 1965, ma questo calo complessivo è stato interrotto da forti oscillazioni associate al Grande Balzo in avanti e alle catastrofi naturali nei primi anni 1960 per cui è difficile dire se vi fosse una tendenza chiara. La diseguaglianza dei redditi regionali poi è aumentata costantemente e sensibilmente durante il periodo della Rivoluzione Culturale. Dalle riforme del 1978 c'è stato un costante declino delle disuguaglianze durato 12 anni che sembra essersi concluso intorno al 1990 dopodiché ha ricominciato ad aumentare.

Il problema di superare le diseguaglianze si era già posto nell’epoca Qing:

L'intervento governativo per il miglioramento dell'agricoltura, e dei sistemi di irrigazione e di trasporto via acqua, è parte integrante dell'azione dei Qing mirata a superare le diseguaglianze geografiche dello sviluppo. Come si è già detto, per superare queste disuniformità dello sviluppo si attuarono politiche tese a incoraggiare quelle tendenze di mercato che portavano con sé il miglioramento economico delle periferie interne. Fra queste l'incoraggiamento dell'emigrazione verso aree meno densamente popolate mediante la diffusione delle informazioni, la realizzazione di infrastrutture e la concessione di prestiti; gli sforzi per diffondere l'adozione di nuove varietà di colture e l'esercizio di nuovi mestieri; la realizzazione di grandi opere per assicurare la sussistenza anche in aree ecologicamente marginali; l'adozione di una politica di tassazione dei terreni che favorisse le zone più povere (Arrighi 2008: 363-4).

L'attenzione del partito per il problema non data da oggi. Nel settembre 1995, il XIV Plenum del CC del Partito comunista, ha sollevato la questione: «Dal momento dell'adozione delle riforme e della politica delle porte aperte, abbiamo incoraggiato alcune regioni a svilupparsi più velocemente e diventare ricche, e abbiamo sostenuto che il più ricco dovrebbe fungere da modello per aiutare coloro che sono rimasti indietro. Ma per molte ragioni, le disuguaglianze economiche regionali si sono ampliate» (citato in Jian e al. 1996). I dirigenti cinesi hanno insistito sulla necessità di uno sviluppo ugualitario che raggiunga tutta la popolazione, ma, ha osservato Higinio Polo, la Cina è un continente non un mini-stato. Una delle maggiori fonti di squilibrio in Cina è la differente crescita tra regioni costiere e regioni dell'Ovest, tradizionalmente più povere. Questo squilibrio c'è sempre stato come abbiamo visto. Per ragioni abbastanza comprensibili la Cina ha sviluppato le regioni dove esisteva già una base industriale. La riforma e l’apertura sono state realizzate in un primo momento nelle aree litoranee negli anni Ottanta. Due zone di sviluppo sono state stabilite nel Delta dei fiumi Pearl River e Yangtze ed è stato incoraggiato anche lo sviluppo dell’area del Bohai Sea. Durante 25 anni la Cina ha utilizzato il suo litorale come piattaforma dell’accumulazione di capitale e tecnologia che oggi permette il trasferimento di centinaia di miliardi di dollari all’interno del paese. Queste regioni sono state incoraggiate a prendere il comando dello sviluppo economico verso il benessere in modo che guidino il resto del paese verso la comune prosperità. L’esperienza e i capitali accumulati hanno però permesso di sviluppare anche il resto della Cina. Oggi la misura del successo che permette di raggiungere la maturità al processo in corso non sta nello sviluppo del litorale ma in quello dell'interno del paese.

Alcune province sono disposte meglio di altre per approfittare dello sviluppo economico come è il caso delle regioni costiere o, in generale, quelle frontaliere piuttosto di quelle interne o come il Tibet dove i comunisti introdussero per la prima volta la ruota negli anni Cinquanta! Chi visita la Cina si rende conto di questa differenza di sviluppo tra regioni dell’est e dell’ovest. Queste differenze sono dovute non solamente a ragioni storiche e geografiche ma alla politica di riforma che ha visto protagonisti inizialmente alcune regioni per poi arrivare a quelle più arretrate. Come abbiamo visto partire dal più facile per arrivare al più difficile. È ovvio che non si potesse chiedere agli investitori di Hong Kong di andare a mettere le loro aziende nell’Ovest, privo di infrastrutture (nel Tibet non c’erano nemmeno le ferrovie), di mano d’opera specializzata, di basi tecniche ecc. magari dicendo che i trasporti sarebbero stati fatti a dorso di cammello. La necessità di sviluppare le zone che avevano già una base industriale ha accentuato ancora di più le differenze già esistenti tra la costa est e il resto della Cina. D’altra parte non c’erano alternative.
Cheek mette in contraddizione i vincenti e i perdenti della società cinese. Ma ciò non è inevitabile nel senso che se tutti migliorano, sebbene a velocità diverse, potrebbero anche esserci solo vincenti ma in modo diverso:
«La fase che iniziò nel 1992 con il famoso viaggio di Deng Xiaoping nel Sud della Cina, garantì la prosecuzione della politica di apertura e fece piovere sul paese un diluvio di investimenti esteri. Durante questa fase, emersero chiaramente i vincitori e i perdenti della riforma e si crearono anche i primi, significativi contatti sociali tra un gran numero di businessmen (erano quasi tutti di sesso maschile) di Hong Kong e Taiwan e la popolazione cinese, tanto urbana quanto rurale» (Cheek 2007: 80). Comunque la scommessa è che i “vincenti” aiuteranno i “perdenti”, i più favoriti aiuteranno i meno favoriti. Ciò di cui mette in guardia il Partito è appunto è l'egoismo delle zone ricche o come scrive Cheek: «I vincitori devono restituire qualcosa al sistema che ha consentito loro di prosperare e i perdenti non sono disposti ad aspettare ancora a lungo prima di abbandonarsi nuovamente al luan (disordini) per ottenere il soddisfacimento dei loro bisogni elementari» (Cheek 2007: 78).

Le lamentele popolari, focalizzate su corruzione, inflazione e disuguaglianze nella distribuzione del reddito, sono i prodotti, quasi inevitabili, delle stesse riforme economiche: «Da una prospettiva a lungo termine, è sorprendente che nessun grande gruppo sociale subisca perdite economiche significative negli anni Ottanta. In particolare, la posizione dei lavoratori nelle imprese statali è stata protetta nel corso della riforma. Il modello risultante è stato denominato “riforma senza perdenti”» (Naughton 2007: 48) scrive uno dei maggiori studiosi dell’economia cinese. «I residenti rurali hanno guadagnato dalla dissoluzione delle comuni, dai miglioramenti dei prezzi agricoli e dalla rapida crescita della produzione non agricola in campagna. I residenti urbani hanno guadagnato sia perché sono in grado di sfruttare nuove nicchie nell'economia sia perché la loro posizione economica è protetta dal continuo sostegno pubblico per le imprese statali. L'ampio godimento dei benefici della riforma e l'assenza di un gruppo chiaramente svantaggiato ha finito col rinsaldare la fiducia nella riforma stessa, nonostante la debacle di Piazza Tienanmen» (Zhao 2001: 42).

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 Figura 11: La tendenza verso la convergenza (uguaglianza) è variata nel corso del tempo, a seconda del tipo di politica, con la più forte tendenza verso la convergenza durante il periodo delle riforme

Negli anni Ottanta la Cina ha messo in programma lo sviluppo delle zone costiere, nel 2000 ha lanciato lo sviluppo dell’Ovest e nel 2004 quello della ristrutturazione dei vecchi centri industriali del Nord Est. Nella ripartizione dell’economia cinese, le tre strategie hanno ciascuna un aspetto privilegiato e possono essere intraprese parallelamente in modo che lo sviluppo diventi così “armonioso”.

Il problema è dunque di evitare la corsa a due velocità tra regioni dell’est e dell’ovest:

...è stato deciso che sia prioritario concentrare la crescita cinese in direzioni ben precise, tali da compensare gli squilibri connessi, quali il crescente consumo energetico e un sempre maggiore deterioramento ambientale, così come evitare lo scollamento in corso tra est (ricco) e ovest (povero). Per evitare che la Cina continui la sua corsa a due velocità, ora i governanti intendono concentrarla maggiormente sugli aspetti qualitativi più che su quelli quantitativi che hanno caratterizzato gli anni scorsi, favorendo il recupero delle aree rurali, rimaste indietro in questo frangente storico, attraverso tutta una serie di azioni ad hoc. La più importante e tangibile azione è stata quella di concentrare nella città di Chengdu, nell’ovest della Cina confinante con il Tibet, l’azione di innovazione tecnologica del paese, tanto da spingersi a definirla come la “Silicon Valley cinese”. Questa area, posta in un triangolo virtuale comprendente il potere economico di Shanghai e quello politico di Beijing, ha già attratto investimenti importanti da parte di aziende leader a livello mondiale, quali ad esempio la Intel e intende essere l’area di propulsione dello sviluppo di tutto l’Ovest cinese. Strategico per i cinesi... recuperare la “sacca di povertà ad ovest”. Occorre sottolineare che quando i cinesi parlano di crescita qualitativa, i vertici governativi intendano azioni ben precise, quali una sostanziale innovazione di tutto il sistema industriale, oggi ritenuto obsoleto per competere con le economie occidentali, attraverso l’introduzione ed invenzione di nuove tecnologie, soprattutto a favore delle aree rurali, la vera chiave per il futuro cinese (Fattori 2007).

Già alla metà degli anni Novanta la strategia di sviluppo si è spostata verso regioni occidentali ed è stata pienamente sviluppata dopo il 2000 con la parola d’ordine del Go West, andare all'Ovest. La politica del Go West riguarda le regioni del Gansu, Guizhou, Ningxia, Qinghai, Shaanxi, Sichuan, Tibet, Xinjiang, Yunnan e Chongqing, ossia due terzi del territorio con il 22,8 per cento degli abitanti.

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Figura 12: Reddito urbano disponibile per provincia

Dopo il 2000 ci si è proposti di rivitalizzare le vecchie basi industriali del nordest, promuovere lo sviluppo economico delle regioni centrali e sviluppare la costa attorno a Tianjin. Nel Nord Est è basata la vecchia industria pesante cinese con una alta concentrazione di capitali e tecnologie. Queste regioni furono le prime a sviluppare una industria moderna. Attualmente la produzione in quelle zone di petrolio greggio rappresenta i due quinti di quella nazionale, la produzione di legno da carpenteria la metà, un quarto la produzione automobilistica, e le costruzioni navali un terzo. Nel passaggio dall’economia rigidamente pianificata al mercato le aziende del Nord Est (Liaoning, Jilin et Heilongjiang) hanno progredito lentamente. La produzione industriale avanzava in modo lento, il rendimento economico era basso, il numero di nuovi occupati era insufficiente, l’industria predominante nelle città dipendente dallo sfruttamento delle risorse naturali era in declino e lo scarto di sviluppo con le regioni sviluppate della costa si stava accrescendo. Il governo ha istituito una serie di politiche preferenziali che sono partite dal bilancio fatto del sistema di sicurezza sociale del Liaoning che è poi stato allargato al Heilongjiang e Jilin. Sono stati versati svariati miliardi di yuan di sovvenzioni ai fondi di sicurezza sociale per perfezionare il welfare in queste due città (Salickij e Fisjukov 2008).

Scrive Alberto Gabriele che nel contesto della riduzione delle disuguaglianze la misura «più importante e la più efficace (almeno finora) è costituita dal programma andare a Ovest, volto a indirizzare prioritariamente gli investimenti statali (soprattutto infrastrutturali) verso il centro e l’ovest, le (macro)zone più povere del paese. L’ordine di grandezza finanziario di questo grande sforzo volto a contrastare consapevolmente i segnali del mercato è immenso, e i risultati sono ormai evidenti. Da qualche anno, la Cina è riuscita ad invertire la la ‘naturale’ tendenza all’aumento delle diseguaglianze tra le tre grandi zone e più in generale tra le diverse province cominciando quindi a ridurre una delle maggiori dimensioni della disuguaglianza a livello nazionale» (Gabriele 2012).

Il governo ha comunque investito tra il 1998 e il 2005 più di 500 miliardi di dollari in infrastrutture soprattutto nelle provincie dell’interno del paese (Jabbour 2006). La mancanza di infrastrutture riduce la produttività delle regioni ancora sottosviluppate: «Per incoraggiare gli investimenti e ridurre le disparità il governo ha adottato la politica del ‘Go West’ nel 2000, spendendo un trilione di yuan nel 2005 su 70 maggiori programmi di infrastrutture, includendo 1.140 km di ferrovia per Lhasa, la capitale del Tibet, secondo la China's National Development and Reform Commission. Nel mezzo del 2006, il governo ha stanziato 168 miliardi di yuan per gli aereoporti regionali, centrali idroelettriche, e altri progetti. Spesso attraverso miglioramenti, dei guasti nell’elettricità, strade al di sotto degli standard ferrovie congestionate che riducono la produzione del 9,5 per cento nella città di Kunming, la capitale della provincia dello Yunnan nel sudovest, secondo un rapporto della Banca mondiale. Questi avvenimenti hanno causato nello stesso periodo una perdita del 3,3 per cento solo a Shanghai» (Hamlin 2008).

Il Go West ha proceduto attraverso obbiettivi intermedi: «La formazione nella prossima decade di una economia continentale cinese si specchia nello stesso processo verificato negli Stati Uniti nella seconda metà del XIX secolo. Nello stesso modo in cui gli Stati Uniti scelsero Chicago, per essere il centro dinamico della sua espansione all’ovest, la Cina ha scelto Chongqing. Come Chicago, Chongqing è localizzata nel medio-ovest del paese e dal 2001 ha ricevuto dal governo centrale investimenti annuali dell’ordine di 20 miliardi di dollari» (Jabbour 2007).

Le risorse minerarie e l’energia, compresa l’idroelettrica, sono abbondanti in queste provincie inoltre ci sono terre coltivabili e potenzialità per il turismo. All’ovest si è così cominciato a sviluppare le infrastrutture cercando di mantenere l'equilibrio con l’ambiente che si trova in una situazione molto delicata migliorando nel contempo la sanità pubblica, l’educazione e le altre opere sociali.

Abbiamo detto che la riscossa dell'Ovest è iniziata agli albori del 2000. Seguendone l'evoluzione nei decenni successivi si può dimostrare come il problema non sia stato fatto incancrenire ma sia stato affrontato durante tutti questi anni.


L’investimento in infrastrutture già dopo pochi anni a partire dal 2000 era superiore di dieci punti a quello previsto per l’est. La maggior parte dei grandi e medi progetti sono legati alle infrastrutture e all'ambiente. Dal 2000 al 2005, 460 miliardi di yuan per le costruzioni e 5mila miliardi di trasferimenti per le finanze pubbliche e sovvenzioni speciali, una parte consistente dello stimolo dovuto alla crisi economica è stato indirizzato verso l'ovest. Secondo le statistiche dal 2000 al 2004 la crescita media del valore della produzione delle regioni dell’Ovest è stata del 10 per cento, quella degli in vestimenti nell’immobilizzazione 20 per cento, quella delle rendite finanziarie locali del 14 per cento che hanno permesso di ridurre lo scarto relativo rispetto allo sviluppo dell’est dall’1,5 per cento allo 0,8 per cento.

In politica fiscale, il governo ha diminuito l’imposta sulla risorse naturali, autorizzato la deduzioni dell’IVA sulle macchine e i nuovi macchinari aquisiti, ha diminuito l’imposta sui profitti di varie imprese e ha dato fondi all’agricoltura, per la sicurezza sociale, l'educazione, la scienza e tecnologia, la sanità pubblica, cultura e la protezione dell’ambiente. Vengono appoggiate la ristrutturazione industriale e alla realizzazione di progetti chiave. Nella prima tappa sono stati finanziati 100 progetti di ristrutturazione industriale e in un secondo momento 197 progetti nel corso del 2004 per un investimento pari a 108,9 miliardi di yuan. Il governo ha anche investito dei capitali con tasso di sconto e una parte dei fondi provenienti dall’emissione dei Buoni del tesoro all’agricoltura, silvicoltura e alla costruzione di opere idrauliche, strade e quindi siti di estrazione del carbone in declino.

Nel 2004 l'ovest è cresciuto del 12,3 per cento ossia 2,8 punti in più della media nazionale. C’è stato un buon raccolto per la produzione cerealicola con un più 16,7 per cento, l’utilizzazione dei capitali stranieri è stata del 5,94 miliardi di dollari, cifra poco importante a confronto delle zone costiere ma con una crescita dell’83,6 per cento e molto superiore alla media del paese. Naturalmente qui eravamo solo all'inizio. Ma date le premesse poste nei primi anni 2000 i risultati hanno cominciato già a farsi sentire nel quinquennio a partire dal 2005-6. Dopo il 2004 si è raggiunto prima il pareggio e poi le provincie dell'ovest hanno cominciato a sopravanzare l'est nello sviluppo.

Nel 2006 per il secondo anno consecutivo il tasso di crescita del valore globale della produzione delle regioni Occidentali ha superato la media nazionale. Dedotti gli aumenti dei prezzi nel 2006 c'è stato un aumento del 13,1 per cento che ha sorpassato l'aumento del 2005 del 12,7 per cento mentre la media nazionale è stata del 10,7 per cento (Ovest 2007). Le 12 province e regioni autonome hanno realizzato il 17,1 per cento del PIL cinese con un aumento dello 0,2 per cento rispetto all'anno precedente. Nel 2007 per la terza volta consecutiva le province dell'Ovest sorpassano nella crescita quelle dell'est. La Mongolia interna ha avuto come l'anno prima il record dello sviluppo (+17 per cento). Seguono Xijnkiang, Tibet, Hunan in generale regioni frontaliere favorite dallo sviluppo degli scambi in Asia. Questo sviluppo è avvenuto in conseguenza dell'aumento degli investimenti che sono cresciuti del 22,3 per cento rispetto a quelli dell'anno precedente, a un tasso superiore a quello nazionale che è stato del 17,4 per cento. Gli investimenti degli ultimi anni sono stati i più consistenti dal 1949 e hanno stimolato lo sviluppo economico e sociale dell’ovest.

Nel 2007 hanno prevalso in particolare i territori di confine. La Mongolia interna ha guidato la crescita, mentre il Tibet ha assestato il maggiore aumento degli ultimi dieci anni. Nel Guangxi l'aumento è stato del 15 per cento, il migliore degli ultimi 13 anni. Molto è dovuto al commercio con l'estero. Nel primo trimestre del 2007 il commercio estero attraverso lo Xinjiang è aumentato del 67 per cento mentre è aumentato del 47 per cento quello tra lo Yunnan e i paesi dell'ASEAN e anche quello del Guangxi con questi paesi (Frontalières 2007).

Ormai sono gli industriali di Hong Kong e di Taiwan che per primi arrivarono sulla costa negli anni Ottanta che oggi puntano all'Ovest: «È fisiologico che, dopo oltre vent'anni di crescita continua, i costi, tutti i costi non solo quello della manodopera, aumentino progressivamente sino a diventare non competitivi - sostiene Dick Chen, imprenditore e presidente dell'Associazione degli industriali taiwanesi di Canton. Così per migliaia di aziende come la mia, che a suo tempo s'insediarono nel Guangdong per produrre manufatti da esportare nel mondo a basso costo, non resta che emigrare in altre zone della Cina, verso Nord o verso Ovest, dove i costi dei fattori produttivi sono ancora a buon mercato» (Vinciguerra 2010). Le opzioni non mancano continua il Sole 24 ore. C'è il selvaggio West che attende a braccia aperte gli investimenti dei grandi gruppi manifatturieri domestici o internazionali. Oppure, ci sono le province finora ignorate o lambite solamente dallo sviluppo industriale: il Guangxi, il Fujian, lo Hunan, il Jiangxi, l'Anhui. Lì i governi locali sono ancora disposti a fare ponti d'oro a chi porta idee, capitali e occupazione, esattamente come accadeva nel Guangdong in fase di decollo vent'anni fa (Vinciguerra 2010).

Per le regioni occidentali sono state comunque studiate corsie preferenziali per attirare investimenti e capitali, oltre a costituire esse stesse l’oggetto di grandi progetti di investimento. Nel solo 2007 il flusso di capitale in queste regioni è aumentato del 30 per cento, oltre alla crescita, in associazione con i Paesi confinanti, degli investimenti infrastrutturali in grandi progetti internazionali, in generale legati alla Via della seta terrestre. Lo stato ha la capacità di investire in infrastrutture e di portare aziende statali in queste zone proprio perché ha conservato elementi essenziali della pianificazione economica. Nessuna sorpresa che l'indice Gini abbia poi iniziato a declinare.

 7. Disuguaglianze regionali (2): la riscossa dell'Ovest

Scrive il China Daily nel 2012: «Mentre gran parte l'attenzione internazionale è concentrata sul rallentamento della crescita in Cina e il rischio di un cosiddetto “atterraggio duro”, ampie zone del paese, soprattutto le zone centrali e occidentali, godono di tassi di crescita senza precedenti». Il giornale fa l'esempio dello Guizhou, tra le provincie più povere della Cina, che nel 2011 ha avuto un tasso di crescita del 17,1 per cento contro una media nazionale del 7,6. Ormai sta venendo avanti una Cina a due velocità in cui le provincie più arretrate superano nella crescita quelle più avanzate.

Secondo Zhang Zhi, direttore del Zhongtian Urban Development Group: «Il ritmo di crescita si è accelerato negli ultimi anni. Prima, il Guizhou era relativamente arretrato dal momento che è situato molto all’interno della Cina e in condizioni sfavorevoli per lo sviluppo. Ora, nuove infrastrutture, in particolare le tangenziali e autostrade, hanno gettato una solida base per una futura espansione. Ci sono ora un sacco di investimenti esteri, e un sacco di aziende locali sono pronte a collaborare con aziende estere per il loro know-how e la tecnologia avanzata» (Moody e Hu 2012).

Liu Qian, vice direttore del China Forecasting Service all’Economist Intelligence Unit a Pechino, dice che la crescita più rapida si deve, in parte, alle molte aziende che si trasferiscono lì. «Con l'aumento dei salari nelle province costiere, molte aziende manifatturiere sono alla ricerca di luoghi alternativi e sono state attratte particolarmente da alcune delle province interne. Non solo ci sono salari più bassi ma molte hanno università piuttosto buone. Un ulteriore vantaggio per province come l'Hunan, l’Henan e lo Anhui, per esempio, è che non sono molto lontano dalla costa. Quindi, con il miglioramento delle infrastrutture, è relativamente più facile spedire le merci all’estero» (Moody e Hu 2012). Per le regioni occidentali sono state comunque studiate corsie preferenziali per attirare investimenti e capitali, oltre a costituire esse stesse l’oggetto di grandi progetti di investimento. Lo stato ha la capacità di investire in infrastrutture e di portare aziende statali in queste zone proprio perché ha conservato elementi essenziali della pianificazione economica. Naturalmente ora che ci si basa sul consumo interno essendo al centro del paese la loro posizione può essere vantaggiosa anche nel mercato domestico.

Changsha, capoluogo della provincia dell'Hunan, ha una crescita in doppia cifra e ha in programma di investire 829 miliardi di yuan in un aeroporto, in strade e altri progetti di infrastrutture. La scala degli investimenti dovuta anche al piano di stimolo lanciato dal governo centrale è pari al 150 per cento del PIL della città. In programma c'è un hub per linea ferroviaria ad alta velocità Pechino-Hong Kong a 313 km/h. Completato il collegato a Shenzhen, con un tempo di percorrenza di tre ore, e a Pechino. Il tempo di viaggio per la capitale sarà di appena sei ore. Queste infrastrutture rendono più agevoli gli investimenti per l'export da parte delle aziende estere perché connettono in poche ore questa zona con i porti.

Un rapporto del Boston Consulting Group, Big Prizes in Small Places, China’s Rapidly Multiplying Pockets of Growth, mette in evidenza il potenziale economico delle regioni interne della Cina. Esso prevede che il numero di persone della classe media con capacità di consumo proveniente dalle città di terzo livello, che predominano in queste aree, sarà più che triplicata dai 27 milioni di famiglie nel 2010 ai 92 milioni nel 2020.
Se negli ultimi anni le regioni tradizionalmente povere hanno superato nello sviluppo quelle ricche, il cambio in realtà si avvertiva già negli anni Novanta. Scrive Chow:

Sin dalla riforma economica iniziata nel 1978, la disparità tra regioni è aumentata, ma il tasso di aumento ha subito un rallentamento a partire dalla metà degli anni Novanta. Questa constatazione si basa su una analisi dei dati relativi ai consumi pro capite di 31 province e municipalità nel corso del tempo. Le municipalità sono Pechino, Shanghai, Tinjin e Chongqing (aggiunta nel 1999 per significare il suo importante ruolo nello sviluppo occidentale). Una unità di misura dello squilibrio regionale è lo scostamento standard del logaritmo dei consumi pro capite tra le province. Questo scostamento standard è aumentato di mezzo punto percentuale per anno tra il 1981 e il 1998, ma il tasso di aumento si è ridotto a 0,2 punti percentuali negli ultimi cinque anni di questo periodo. Un fatto importante riguardo alla disparità nei consumi e nel reddito di persone che vivono in differenti regioni della Cina è che anche le province più povere hanno sperimentato un significativo aumento dello standard di vita. La provincia che avuto il miglioramento più lento tra il 1981 e il 1998 è Guizhou. I suoi consumi pro capite sono aumentati in media del 3,6 per cento durante questo periodo. Si tratta di un buon record se messo a confronto con molte altre economie in via di sviluppo (Chow 2007).

Quindi la regione che si era sviluppata di meno, il Guizhou, aveva un aumento record nei confronti degli altri paesi in via di sviluppo.

Wang Jian, il massimo teorico dello sviluppo delle fasce costiere ha promosso l’andata all’Ovest dove tra l’altro c’è anche abbondanza di terre e si può capire quanto sia importante salvaguardare la terra fertile per il Paese:

Pare che la Cina stia pensando alla creazione di nuove città lungo il fiume Yangtze, e forse anche lungo i canali che presto attraverseranno il paese portando acqua dal sud al nord della Cina col gigantesco progetto di deviazione delle acque dal sud al nord. Questa operazione favorirà l’ovest; per esempio, il Governo potrebbe provare a spostare popolazione e industrie nel Qinghai, un provincia grande quanto l’Europa dell’ovest con solo cinque milioni di abitanti; ma vi sono molti problemi associati a questo tipo di spostamento su larga scala, non ultime le sensibilità politiche (Sisci 2006).

Di queste ultime torneremo a parlare, ma ormai lo sviluppo dell’Ovest sta nei numeri e non è solo un pio desiderio: «Senza dubbio, portare ricchezza, sviluppo, produzione e città nelle regioni dell’ovest è una delle maggiori sfide a lungo termine della Cina. Il buon esito del progetto creerebbe una specie di “Costa Ovest” della Cina, una sponda per lo sviluppo del commercio con gli Stati dell’Asia Centrale che potrebbe concorrere alla stabilità e al benessere di quella regione, dove il fondamentalismo islamico può altrimenti diventare dominante» (Sisci 2006).

D’altra parte abbandonare l’est per investire all’ovest non è così semplice. I problemi principali sono sono i trasporti e le competenze necessarie per poter competere agevolmente: «Ma non è così semplice abbandonare le fasce costiere della Cina: hanno un'efficienza competitiva fatta di molti ingredienti. Tom Nelson che gestisce gli approvvigionamenti dei marchi North Face e Nautica punta l'indice sui tempi di trasporto: grazie agli scali portacontainer di Shanghai e Shenzhen, i vestiti Made in China arrivano nei grandi magazzini americani in 20 giorni; dal Bangladesh ce ne mettono 45. Anche la qualità della manodopera ha il suo peso. Willy Lin, produttore della biancheria intima Milos, non è certo di poter trasferire la sua fabbrica a sei ore di distanza nell'entroterra cinese: ‘Ho bisogno di mani accurate e precise, non sono sicuro che dei contadini possano maneggiare i miei macchinari’» (Rampini 2008).

Altri paesi in via di sviluppo però contendono all’ovest cinese gli investimenti stranieri: «Le compagnie straniere hanno annunciato che essi intendono investire 11,6 miliardi di dollari nella Cina centrale e occidentale, una percentuale sopra del 30 per cento rispetto agli 8,9 per cento miliardi del 2003, secondo la FDI Intelligence di Belfast, un provider di dati per gli investimenti diretti esteri. Anche se i concorrenti diretti nel campo sono i vietnamiti che hanno visto aumentare nello tesso periodo la quota del 375 per cento e l’India del 174 per cento» (Hamlin 2007).

Nel 2007 si è vista l’impennata delle esportazioni dalle regioni confinanti con Russia, Khazakhstan, Kyrgyzistan e Tajikistan, che ha modificato sensibilmente l’intera struttura del commercio estero cinese. Infatti, a fronte di una media nazionale di crescita delle esportazioni pari al 25,7 per cento, la provincia dello Heilongjiang è cresciuta del 46,3 per cento, il che significa in termini assoluti oltre 11,5 miliardi di dollari. Ancora più marcato è stato il balzo in avanti delle esportazioni della Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang, con un incremento del 61,7 per cento pari a 10,2 miliardi di dollari. La Regione Autonoma della Mongolia Interna ha aumentato le sue esportazioni del 36,1 per cento per un ammontare di 2,7 miliardi di dollari, mentre la provincia dello Jilin del 27,6 per cento, ovvero 3,3 miliardi di dollari. A subire un’impennata nella commesse dalla RPC sono soprattutto macchinari e strumentazione, ma anche acciaio, laminati e materiali da costruzione, cemento incluso. Confrontiamo questi dati con il totale esportato da queste zone nel 2000 (valori in miliardi di dollari):

provincie cinesi

Allo stesso tempo nel 2007 queste quattro zone hanno contribuito a un po’ più del 2 per cento delle esportazioni cinesi e hanno attirato meno del 2 per cento degli investimenti stranieri. Questo dato va raffrontato alla loro quota sul totale della popolazione e soprattutto sul PIL nazionale che è considerevolmente maggiore: circa l’8 per cento.

Lo sviluppo di queste zone è stato più “endogeno” che “esogeno”. In altre parole, se queste zone producono 1’8 per cento del PIL nazionale ma solo il 2 per cento dell'export, ciò significa che la rimanenza è assorbita dalla domanda nazionale. Resterebbe da esaminare quanto di questo 6 per cento resti nelle zone di produzione e quanto affluisca nelle province più ricche (visto che stiamo parlando di un Paese grande quanto l’Europa e il concetto di “domanda interna” va anch’esso letto contestualmente). Per queste zone in via di sviluppo si riconferma di fatto il modello delle province costiere “prima maniera”, ovvero una produzione essenzialmente quantitativa più che qualitativa, di modo da accumulare più capitale nel minor tempo possibile per ulteriori re-investimenti (Salickij e Fisjukov 2008). Ciò però non esclude investimenti in tecnologie avanzate come abbiamo visto a proposito della "Nuova Silicon Valley".

Comunque l’obbiettivo della Cina non è più la produzione per l’estero ma innalzare il livello delle regioni rurali e dell’Ovest:

In definitiva, l’obbiettivo della Cina non è di fornire riserve di lavoro senza fine per servire le nazioni straniere, ma sollevare le regioni rurali rimanenti dalla povertà e innalzare lo standard di vita nelle città che si espandono rapidamente. L’effetto dell’onda economica delle prospere città di Shanghai, Pechino, Canton e Shanezhen sta ora dinamizzando una nuova generazione di centri urbani. Il grappolo High-Tech di Dongguan e Wuhan e i grandi centri in crescita come Hangzhou, Tianjin, Chongqing e Qingdao, da Kunming e Nanning sono le porte d’entrata per il sudest dell’Asia. Recentemente, la relativa crescita degli investimenti immobiliari non è avvenuta nel primo livello delle città costiere ma nel secondo e terzo livello delle città interne, da Urumqi nel nordovest a Chengdu nel sudovest (Steinbock 2008).

Il ruolo che prima avevano l’Europa e gli Usa nel consumare prodotti a poco prezzo sarà occupato dalle ricche città costiere per cui l’Ovest e le campagne diventeranno quello che la Cina fu per i paesi occidentali: «In confronto alle città statunitensi ed europee, le metropoli della Cina del XXI secolo sono enormi, con popolazioni attorno a 8-12 milioni di abitanti - come Qingdao e Chengdu, - fino a Chongqing, con quasi 24 milioni di abitanti. In passato, i consumatori americani sostenevano l’economia mondiale. In futuro, i centri urbani della Cina - e, col tempo, dell’India - guideranno la crescita globale» (Steinbock 2008).

Un miracolo della programmazione territoriale cinese è stata Chongqing. Il fattore più importante che ha contribuito alla crescita della città è stata l’iniziativa «Go West» per portare lo sviluppo economico anche nelle zone più arretrate dell’Impero di Mezzo e ridurre le disuguaglianze territoriali che, come abbiamo visto, sono parte importante di quelle complessive.

La disparità spaziale della Cina è diminuita negli ultimi anni, in linea con il recente calo della disuguaglianza generale del paese. Il rapporto tra reddito disponibile medio urbano e rurale è aumentato a 4,10 nel 2007 che diminuisce a 2.91 dopo l’adeguamento per le differenze spaziali nei prezzi. Il rapporto è in costante calo dal 2007 e stimato attualmente a 2,72. Le differenze di reddito di PIL pro capite tra provincie e del consumo urbano-rurale sono in calo negli ultimi dieci anni come pure la disuguaglianza intercomunitaria tra contee. Le province più povere hanno sperimentato una più rapida riduzione della povertà (Xi Jinping 2017: 27).

Tra il 1978 e il 2015 i redditi del 50 per cento dei cinesi più poveri sono aumentati del 400 per cento. Nello stesso periodo di tempo, erano in calo dell'1 per cento negli Stati Uniti nonostante il fatto che l'economia fosse aumentata del 184 per cento. Negli Stati Uniti, l'aumento della ricchezza si verifica solo nello strato superiore della società (Ng e Vandepitte 2017).

Ben Westmore (2017) dell'OCSE scrive che la disuguaglianza di reddito misurata dal coefficiente di Gini ha registrato una tendenza al ribasso dal 2008, essendo salita a un livello molto alto, riflettendo una certa convergenza del reddito regionale nelle parti centrale, occidentale e nord-orientale del paese hanno compiuto progressi raggiungendo l'Est e riducendo il divario di reddito urbano-rurale. In tutta la distribuzione del reddito, i redditi di coloro che si trovano al centro sono aumentati in modo particolarmente forte.

figura 13

 Figura 13: L'ineguaglianza sta progressivamente diminuendo in Cina


 

8. Disuguaglianze regionali (3): Disuguaglianza o riequilibrio?

È inevitabile che un paese grande come la Cina abbia grandi differenze spaziali o geografiche nei livelli di reddito. La domanda più interessante è se sia in atto nel tempo una divergenza o una convergenza a livello regionale, cioè, se i processi che producono la "polarizzazione" siano controbilanciati dallo spread effect ossia dalla diffusione, tendenzialmente omogenea, del benessere sul territorio. I processi di polarizzazione sono significativi nelle fasi iniziali di sviluppo economico, ma alla fine cedono il passo ai processi di diffusione del benessere dato che i vantaggi competitivi sono erosi dall'aumento dei costi. In accordo con la teoria economica e con quanto predicato da Deng, il cosidetto rich-first si dovrebbe procedere verso la convergenza cioè verso il riequilibrio. Questo modello è stato trovato oltre che da Ohnishi (che approfondiremo in seguito) anche da Lau (2010) in un esame del PIL pro capite tra le provincie nel periodo 1978-2005.

Le ricerche d Ohnishi sono importanti perché contraddicono le tesi fornite dal mainstream (e dai liberali) sulle diseguaglianze territoriali in Cina. Secondo le ricerche ad esempio di Fan et al. (2011: 50) la disuguaglianza attribuibile alle differenze di reddito tra le regioni costiere e interne sarebbe aumentata dal 3 per cento al 10 per cento della disuguaglianza totale a livello di provincia tra il 1980 e il 2007. La disuguaglianza tra le province avrebbe un peso maggiore che non quello tra zone rurali e urbana. Utilizzando le indagini CHIP (China Household Income Project), Gustafsson (2007) invece hanno trovato che la proporzione della disuguaglianza nella Cina urbana dovuta alla disuguaglianza inter-provinciale è scesa dal 29 per cento nel 1988 al 19 per cento nel 2002. Il miglioramento principale sarebbe venuto all'interno della Cina orientale, dove l'economia più sviluppata stava diventando più spazialmente integrata (come rilevato per altro dalle ricerche di Ohnishi). In altre parole lo sviluppo si estendeva dalle SEZ alle zone limitrofe. Il contributo della disuguaglianza inter-provinciale alla diseguaglianza del reddito rurale è salito dal 22 per cento nel 1988 al 39 per cento nel 1995 e si sarebbe stabilizzato fino al 2002 (Gustafsson et al. 2007). Sembra che i primi effetti della polarizzazione siano stati compensati dagli effetti dello spread effects dovuti alla crescente scarsità di risorse lavorative locali come in un certo senso predicato dalla teoria economica.

L'economista marxista giapponese Hiroshi Ohnishi mette l'accento sull'unica strada per superare la povertà :

La cosiddetta "espansione delle disparità di reddito" in Cina è il mero ampliamento del divario di reddito della ricchezza tra ricchi e poveri. Una rapida crescita dei redditi, tuttavia, ha permesso ad alcuni di sfuggire alla povertà, anche se aumentava il divario di reddito. Questi "cambiamenti nella popolazione povera" costituiscono in realtà una sorta di "crescita del reddito nei poveri", che non potrebbe essere il risultato di una mera redistribuzione del reddito. Pertanto, l'aspetto più importante della questione della povertà è la crescita economica, che solleva la questione di come la Cina abbia ottenuto la sua presente crescita dell’economa nel suo complesso. Questa condizione pone la necessità di accettare la politica di Deng Xiaoping del rich-first, in cui ci si aspetta che alcune persone o alcune regioni diventino ricche in un primo momento. In altre parole, i tentativi di eliminare la povertà solo attraverso la redistribuzione del reddito, come a Cuba, non porteranno ad una diminuzione della popolazione povera, ma piuttosto al collasso economico (Ohnishi 2007).

Lo stesso Ohnishi fa una interessante ipotesi sull'evoluzione delle differenze regionali. Poiché le zone costiere della Cina hanno avuto una rilevante crescita economica, le disparità di reddito tra le aree rurali e urbane sono diventate importanti, e questa tendenza può essere misurata con il coefficiente di Gini e gli indici di Theil. La Figura 1 rappresenta l'evoluzione del coefficiente Gini del reddito pro capite delle provincie nel periodo 1978-2005. Anche se questa disparità è diminuita a causa del rapido aumento del reddito degli agricoltori subito dopo il 1978, la tendenza ha cominciato a cambiare a partire dalla metà degli anni Ottanta e in particolare nel corso degli anni Novanta. Ci sarebbe dunque una tendenza all'aumento delle disparità regionali di reddito.

figura 14

 Figura 14: Coefficiente Gini e deviazione standard dei redditi regionali:1979-2005

Tuttavia, l'allargamento delle disparità di reddito regionale è spesso riportato come un rapporto di ampliamento del tipo 1:3,2 (analogamente a ciò che abbiamo visto essere il rapporto tra i redditi di città e campagna), fatto 1 il reddito delle provincie più povere. Assumiamo che il rapporto proceda dalla distribuzione 1 : 1 : 1 : 2 alla distribuzione 1 : 1 : 2 : 2 . Le ricche aree della Cina che si stanno espandendo da alcune città (nel primo caso solo un quarto del territorio ha un reddito pari a 2) a molte altre delle zone costiere come parte del processo di recupero (nel secondo caso due quarti del territorio hanno reddito 2). Ammettiamo che 1 significhi povertà allora la distribuzione 1: 1: 2: 2 è meglio della distribuzione 1: 1: 1: 2 perché un quarto della popolazione ha raggiunto l'altro quarto che era già più ricco ed è uscita dalla povertà, ma il coefficiente Gini è aumentato in questo processo, ovvero la disparità regionale aumenta. In questo senso, le cattive impressioni sono talvolta solo la superficie di realtà eccellenti ci dice alla fine Ohnishi.

La tendenza alla convergenza ha dominato nel primo periodo delle riforme, mentre una tendenza di gran lunga più fondamentale è stata osservata dai primi anni Novanta, quando non c'era convergenza. Questa tendenza di base ha comportato la formazione di due o tre zone geo-economiche definite da alcuni economisti come "club". Questi club sono generalmente classificati in tre, perché si trovano in tre aree - "orientale (costiera)", "media" e "occidentale"- che hanno anche livelli di reddito simili tra di loro. In altre parole, i loro livelli di reddito stanno per convergere all'interno del loro "club" e la caratteristica più importante è che il livello di reddito convergente della zona orientale (dove per prima si è fatta sentire la spinta delle riforme di Deng) è significativamente superiore a quello delle altre zone. Ovvero la spinta verso l'uguaglianza è più forte dove secondo i critici della sinistra occidentale sarebbero più forti le spinte verso il "turbocapitalismo".

figura 15

 Figura 15: Disparità regionali all'inizio degli anni Novanta e a metà degli anni 2000

Questa è la vera ragione per cui la disparità regionale della Cina sarebbe aumentata nel suo complesso almeno fino al 2004, perché la convergenza all'interno delle aree orientali implica che il rapporto tra redditi più elevati è aumentata ad un terzo da un nono, da quando solo Shanghai, Pechino e Shenzhen erano ricche nei primi anni Novanta, come mostrato schematicamente in figura 2. La cosa più importante in questo schema è che questi progressi da un nono a un terzo sono statisticamente un processo di aumento della disparità regionale di reddito. Se il reddito di otto noni è 1 ed un nono è 2, il coefficiente di Gini è di 0,1, mentre se quella di sei noni è 1 e tre noni è 2, il coefficiente di Gini è 0,18, quasi il doppio.

Hiroshi Ohnishi ipotizza che «l’espansione delle disparità» potrebbe essere stata causata da un aumento della percentuale nella popolazione urbana ricca. Non vi sarebbe alcun cambiamento oggettivo dei guadagni medi della zona urbana se vi fosse solo una "persona ricca". Perciò, vi è la possibilità che le disparità tra zone urbane e rurali vengano considerate come la crescita del numero di «persone che per prime hanno raggiunto la ricchezza». Se si calcola che spesso i "ricchi" hanno redditi paragonabili a quelli normali in Europa o USA, le disparità possono anche essere interpretate come un calo della popolazione "povera", che annuncia la possibilità di una riduzione progressiva delle aree di povertà (Ohnishi 2007). Insomma avverrebbe un fenomeno simile a quello del progressivo livellamento dell'Indice di Sviluppo Umano nelle regioni.

figura 16

Figura 16: Valore minimo delle differenze interregionali a metà anni Ottanta ed il suo massimo a metà anni Novanta per tonare di nuovo verso il minimo nel 2005

La stessa cosa dicasi per il coefficiente Gini. È nota la disparità di redditi tra Shanghai e il resto della Cina alla vigilia delle riforme. Ebbene essa non influenzava più di tanto le statistiche sulla povertà. Se la vera natura del trend «dell’ampliamento delle disparità di reddito» verificatosi tra l'inizio degli anni Novanta e i primi anni del decennio passato è quello che abbiamo descritto, infatti, questa tendenza è di per sé un processo in cui le zone sottosviluppate tendono a recuperare sulle zone avanzate e uscire dalla povertà. Vediamo allora se è così.

figura 17

 Figura 17: Sconposizione della dispatità regionali secondo l'indice di Theril

L'indice migliore per decomporre i fattori di disparità, composti di quelli interregionali e infraregionali all'interno di questi tre club, è l'indice di Theil. Le disparità regionali tra la parte orientale (zona costiera), le regioni occidentali e centrali della Cina, sia in termini interregionali che infraregionali, sono presentate nella Figura 1. Questo grafico indica l'ampliamento delle disparità regionali in particolare dopo il 1990 anche se le differenze infraregionali sono in diminuzione fin dall'inizio effettivo della riforma. Da notare comunque che l'indice globale è in calo rispetto al periodo maoista.

La figura 17 conferma che le disparità interregionali continuano ad aumentare fino al 2004, ma d'altra parte, le disparità infraregionali continuano ad essere stabili o diminuire leggermente. Da notare che queste disparità sono comunque molto diminuite rispetto al periodo maoista. Inoltre, la Figura 18 (sotto) segnala che una rapida diminuzione delle disparità infraregionali si osserva solo nelle zone orientali, e ciò implica che le aree relativamente più povere dell'est hanno raggiunto le città/provincie più ricche. Le province delle zone orientali che sono in progressivo avvicinamento alle zone ricche sono Guangdong, Shandong, Liaoning, Jiangsu, Zhejiang e Fujian. Inoltre, attraverso questo processo, tutte le province e città dellEst stanno formando in realtà un club omogeneo. La fase di sviluppo del periodo precedente il 2004 deve essere intesa in questo modo.

figura 18

 Figura 18: Disparità intraregionali tra Est, Centro e Ovest

Alcune delle province della zona centrale stanno già correndo al passo con le province costiere. Inoltre, ci sono stati rapidi cambiamenti in alcune città situate nelle zone centrali, per esempio Wuhan, Zhengzhou e Changsha. Questa è la nuova fase, le aree centrali probabilmente perderanno la loro omogeneità durante questo periodo, e in questo senso, non si sarà più in grado di considerare la zona centrale come un centro omogeneo. Pertanto, la categorie dei "club" dovrebbe essere sostituita per una comprensione maggiore, con il processo di "arricchirsi per primi". Questa è a strategia delineata dalla politica di Deng Xiaoping: alcuni diventano ricchi in un primo tempo e gli altri seguono più tardi.

Un economista, Jeffrey G. Williamson, aveva suggerito che questo processo potrebbe verificarsi durante la fase di industrializzazione come quella cinese. Tuttavia, come abbiamo osservato in precedenza, questa tendenza è cambiata dopo i primi anni Novanta, ed ora procede alla fase successiva dove le aree centrali del paese cominciano a divergere. Pertanto, si devono analizzare due diverse tendenze, convergenza e divergenza, contemporaneamente. Inoltre, le tendenze dovrebbero essere divergenti nella fase di basso reddito e convergenti nella fase di reddito più elevato, perché l'evoluzione delle disparità procede, come abbiamo già visto, nella forma di U inversa della curva di Kuznets.

A questo scopo, vediamo i cambiamenti nel modello di disparità regionale in Cina utilizzando dati annuali, cioè, disegnando grafici con due assi: il GRP (Gross Regional Product - prodotto regionale lordo) pro capite e il tasso di crescita del GRP ogni anno, nelle province cinesi. La Figura 18, mostra l'andamento della convergenza causata dalla rapida crescita del reddito degli agricoltori che è stata favorita dalla riforma agraria. Tuttavia nel successivo stadio (figura 20) le disparità di reddito provinciale sono in divergenza dovute al fatto che il settore industriale si sviluppa più rapidamente di quello agricolo

figura 19

 Figura 19: Convergenza dei redditi nel 1982

 

 Figura 20: Divergenza di redditi dopo il 2000

La curva di Kuznets si sta formando nel 2005 come indica la figura 21, sebbene ancora il numero delle province nella convergenza non sia ampio. In questa figura sono tracciate la linea stimata e la curva reale.

 

 Figura 21: Formazione della Curva di Kuznets nel 2005

figura 22

 Figura 22: Chiara diminuzione della Curva di Kuznets nel 2006


La figura 8 nel 2006 a questo proposito è ancora più chiara indicando la diminuzione delle disuguaglianze tra regioni. Alcuni studiosi pensano che la nuova tendenza fosse già in atto nel 2002.

La crescita economica ha diminuito le disparità nell’Est, ma ha anche prodotto una crescita del reddito medio che ha causato l’allargamento delle disparità rispetto alle altre regioni. Pertanto, le "disparità interegionali" sino almeno al 2005 sono definibili come "la riduzione delle disparità a est". I risultati rivelano che la futura espansione delle aree di crescita interna, comprese Wuhan, Changsha, Zhongqing e Xi'an, avrà un impatto positivo sull'economia. La Figura 23 (in basso) rappresenta l'asimmetria della distribuzione dei valori del PIL pro capite, e la sua tendenza alla diminuzione indica anche che il numero delle province a basso reddito è in calo e il numero delle province di reddito relativamente più elevato è in aumento, come del resto avevamo visto nel capitolo precedente per l'evoluzione dell'ISU. In altre parole si scambia un processo positivo, l'avanzamento del benessere nelle regioni, per un elemento negativo, ovvero le diseguaglianze sociali, semplicemente perché si vedono i dati i forma statica e non nella loro evoluzione dinamica.

figura 23

 Figura 23: Correzione della distribuzione asimmetrica del PIL procapite

Nell'ultimo decennio, alcune delle province interne hanno raggiunto tassi di crescita molto elevati, mentre i tassi di crescita delle città più ricche, come Shanghai e Pechino, sono diventati relativamente più bassi. Quindi la tendenza è che la crescita alta stia migrando verso le zone interne, invece di quelle litoranee.

In questo senso, possiamo concludere che la disparità di reddito regionale si è spostata dalla fase della divergenza alla fase di convergenza, come ipotizzato dalla strategia di Deng Xiaoping con la politica «dell’arricchirsi per primi». Strategia fondata sul riconoscimento delle leggi dello sviluppo economico e del loro funzionamento anche nelle aree sottosviluppate.

La Cina è ora passata da una fase di crescita economica che si concentrava solo sulla parte ricca della costa, in una condizione ideale per l’export e gli investimenti stranieri, a una fase di crescita economica che si concentra sulla parte povera. La Via della Seta (Belt and road initiative)1 che privilegia le regioni occidentali più povere, da una parte, e la “nuova normalità” che favorisce lo sviluppo del consumo interno hanno dato una base d’appoggio alla politica del “Go West”.

La ripresa della Via della Seta è molto importante perché la Cina ha avuto il suo enorme sviluppo dopo il 1978 grazie alle vie di mare che l’hanno collegata al mondo. Con la nuova Via della Seta terrestre le merci passeranno proprio dalle zone più arretrate della Cina, contribuendo alla prosperità e dunque alla stabilità delle sue aree di confine. Il Go West enunciato dalla dirigenza cinese alla fine del secolo scorso prende dunque piede in un contesto più definito.

9: Diseguaglianze regionali (4): Diseguaglianza come artefatto?

Finora abbiamo ragionato in base alle statistiche cinesi le quali poco ci dicono su due elementi essenziali ovvero sull'uso di inappropriati denominatori (domiciliati vs. residenti) per calcolare il PIL pro capite o per il mancato uso di deflettori (il più famoso è il Big Mac) per trovare la reale differenza tra le diverse capacità d'acquisto sul territorio. Ad esempio se abbiamo davanti una città stato come Singapore piccola e piuttosto omogenea spazialmente e con pochi milioni di abitanti è molto probabile che la capacità d'acquisto si piuttosto uniforme a differenza di un continente come la Cina.

L'uso della provincia a livello di PIL pro capite come variabile dipendente tende dunque a produrre risultati distorti (Tsui 2007, Li e Gibson 2012, Chan e Wang 2008). Considerando che i dati del PIL si riferiscono alla produzione nella provincia, i dati sulla popolazione in generale si riferiscono alla popolazione registrata nella provincia ed escludono i migranti rurali-urbani provenienti da altre province che conservano il proprio hukou nei luoghi di provenienza. Questo approccio sovrastima il PIL pro capite nelle province più ricche che attirano i migranti. Poiché la migrazione è cresciuta rapidamente, i tassi di crescita del PIL pro capite di queste province sono esagerati. Pertanto, le prove di divergenza assoluta (ovvero della tendenza di lunga durata alla disuguaglianza sarebbero un artefatto).

Scrive infatti Gibson (2012):

I cambiamenti di percorso della disuguaglianza inter-provinciale durante l’era delle riforme hanno avuto 4 fasi, di cui una sola riguarda l’aumento della disuguaglianza. Tra il 1978 e il 1990 la disuguaglianza inter-provinciale è declinata quasi continuativamente. Circa un terzo di questo declino è stato rovesciato nei 3 anni successivi, poi un anno di crescita nel 2005 ha posto fine a una decade di cambiamenti minimi nella disuguaglianza. Ma anche con quella crescita, la disuguaglianza era tornata a soli due terzi dei valori di partenza del 1978. La disuguaglianza inter-provinciale è poi diminuita rapidamente dopo il 2005, cosi che nel 2010 tornava al di sotto dei bassi livelli già visti nel 1990. L’unico episodio sostenuto di crescita della disuguaglianza inter-provinciale è stato dal 1990 al 1993, solo 3 anni su 3 decenni di era delle riforme in Cina.

Coloro che secondo Gibson mettono l'accento sull'aumento delle diseguaglianze in realtà ignorerebbero il fatto che il PIL locale pro capite cinese non può essere interpretato nella stessa modo di qualsiasi altro paese ovvero misurando il valore aggiunto per residente. Di solito viene riportato il dato del PIL per la popolazione residente registrata, che diverge dalla popolazione domiciliata a causa dei migranti non-hukou, ovvero le persone che migrano dal loro luogo di residenza. All’avvio delle riforme nel 1978 c’erano poco meno di 5 milioni di migranti non-hukou, ma ora si è arrivati a più di 200 milioni.

figura 24

 Figura 24: Differenza percentaule nel PIL pro capite per popolazione residente

All’epoca del censimento del 2000, la provincia del Guangdong aveva una popolazione registrata di 75 milioni di persone ed una popolazione di residenti totali (compresi i migranti) di 86 milioni. Il PIL pro capite era sovrastimato del 15 per cento. La stessa cosa vale per Shanghai, Zhejiang, Fujian e il Guangodng a Beijing e Tianjin. Nelle singole contee e nelle grandi città, l’errore è ancora maggiore. La città di Shenzhen fornisce un chiaro esempio: mentre la popolazione registrata era appena superiore ad un milione di persone al censimento del 2000, la sua popolazione residente totale era di 7 milioni, facendo sì che il PIL pro capite fosse sovrastimato di almeno il 600 per cento nei dati ufficiali. In termini di tassi di crescita, l’uso del PIL per popolazione registrata fa sovrastimare i tassi di crescita del PIL pro capite a Beijing e Shanghai dal 1990 al 2010 di circa il 2 per anno per anno.

Siamo in presenza anche di un doppio conteggio che può arrivare fino a 26 milioni di persone in più di quelle reali, dato dal fatto che alcune provincie hanno compiuto il passaggio verso il conto dei residenti registrati a quelli totali 18 anni prima delle ultime che l’hanno fatto. Quindi durante quel periodo per alcuni il reddito pro capite può essere stato registrato in due provincie contemporaneamente, ad es. come residente in una provincia e come registrato in un’altra.

Uno studio mostra che l’apparente crescita della disuguaglianza interprovinciale, e il cambiamento della tendenza nella disuguaglianza regionale attorno al 2003, è un artefatto statistico risultante da questi errori. La percezione di una crescente disuguaglianza regionale ha distorto il dibattito. Il cambiamento nella tendenza poi coincide con le iniziative per ridurre la disuguaglianza regionale che ha visto più di 157 miliardi di dollari investiti nello sviluppo di infrastrutture nelle provincie occidentali.

Questi errori impattano sulle tendenze della disuguaglianza inter-provinciale. La disuguaglianza del PIL pro capite cresce ad un tasso annuale del 2 per cento nella decade del 1990, quasi il doppio di quanto rivela il conteggio revisionato, basato sui dati del censimento del 2000. Se i calcoli del PIL pro capite non fossero cambiati, l’apparente disuguaglianza inter-provinciale sarebbe continuata a crescere velocemente. I dati ufficiali del PIL hanno effettuato il cambio dall’uso della popolazione registrata a quella residente nel 2003. Dato che la disuguaglianza nel PIL per residente è molto inferiore di quella nel PIL per popolazione registrata, questo cambiamento ha automaticamente ridotto la disuguaglianza misurata dal PIL pro capite ufficialmente riportato. Questo da l’impressione di una brusca inversione di rotta nel 2003, senza che ci sia stato alcun cambiamento nell’economia.

Gli studi di disuguaglianza in Cina sono anche ostacolati dai dati scarsi sulla differenza del potere d’acquisto tra le varie regioni che rendono difficile distinguere la disuguaglianza reale da quella nominale. Nelle zone più ricche ci si aspetta che ci siano prezzi più elevati (effetto Balassa-Samuelson). In Cina non è possibile, perché non rilevato dall’istituto di Statistica, fare confronti tra le varie zone in modo da capire se le disuguaglianze (e il loro aumento) siano semplicemente dovute alla variazione dei prezzi regionali.

figura 25

La differenza spaziale dei prezzi è dovuta soprattutto alle abitazioni. In generale tale variazione dipende di più dal mercato della terra che dai costi di costruzione. L'attenzione si concentra sulle abitazioni urbane perché i dati sui costi delle abitazioni rurali sono principalmente dovuti alla costruzione e non al costo della terra e riflettono i prezzi per i materiali in quanto spesso autocostruiti. Il costo dei terreni è assente perché il diritto di utilizzare il terreno rurale residenziale è a disposizione di tutti i soci dei collettivi di villaggio, che poi sono responsabili per l'auto-finanziamento, l'auto-costruzione e ristrutturazione delle loro abitazioni. Al contrario, l'alloggio urbano è più orientato al mercato dopo le riforme del 1998. La maggioranza dei residenti urbani tende ad acquistare le loro abitazioni, piuttosto che pagare l'affitto o vivere in un'abitazione auto-costruita.

Gibson e Li (2013) stimano che le la disuguaglianze in Cina possa essere sopravvalutata ignorando le differenze territoriali nel costo della vita. In particolare essi utilizzano i dati sui prezzi degli appartamenti nelle città a sviluppando indici spaziali disaggregati dei prezzi delle abitazioni, che vengono poi utilizzati come deflatori spaziali per il PIL pro capite di province e città. Partiamo dal presupposto che il costo di variazione rispetto alle abitazioni riflette la variazione dei soli costi delle abitazioni, in modo che il vero impatto della deflazione sulla disuguaglianza è piuttosto grande e, come i prezzi di altre merci, varia nello spazio.

figura 25 b

 Figura 25: Ineguaglianza interprovinciale secondo vari denominatori; Gini e figura 26 Theil e ponderata

Il prezzo medio di nuovi appartamenti a Pechino nel 2009 è stato 17.000 yuan (2800 dollari) per metro quadrato - due volte più alto dei prezzi nelle aree urbane del Guangdong - e oltre quattro volte più alto dei prezzi medi di appartamenti nuovi nelle aree urbane delle provincie interne. L'indice Törnqvist (indice standard dei prezzi delle abitazioni) mostra che, in media, i redditi nominali fuori Pechino dovrebbero essere aumentati del 33 per cento per metterli su una base comparabile del costo della vita, anche basandosi solo sulle spese di alloggio differiscano tra Pechino e le altre città o province. Il fattore di aggiustamento del prezzo varia da 1,03 a Shanghai, dove i prezzi delle case sono quasi alti come a Pechino, a 1,42 per Chongqing, e 1,43 per Liaoning. I redditi nominali sono molto inferiori a Chongqing e Liaoning ma almeno una parte della disuguaglianza è dovuta alle variazioni spaziali dei prezzi (Li e Gibson 2012b).

Se non si tiene conto del costo della vita vi è una distorsione verso l'alto del coefficiente di Gini del 15-16 per cento e del 30-35 per cento di quello di Theil. Prendendo la media dei risultati per le due misure di disuguaglianza, circa un quarto della disuguaglianza spaziale apparente scompare una volta che si tenga conto delle differenze del costo vita, provenienti solo dai prezzi delle case.

figura 26

 Figura 26: La diseguaglianza tra regioni nel 2010 sarebbe uguale o persino diminuita rispetto a quella del 1990 anno in cui sarebbe iniziata la divergenza

 

Brian Reynold e Yi Wen (2018) hanno esaminato i costi degli alloggi e la disuguaglianza di reddito regionale in Cina e negli Stati Uniti. Il tenore di vita all'interno di un paese può variare notevolmente, come abbiamo visto, a causa delle differenze nei costi regionali degli alloggi: l'adeguamento del reddito in base ai prezzi delle abitazioni regionali fornisce un quadro migliore della disparità di reddito. Creando una misura standard del tenore di vita, aggiustando poi il reddito disponibile in base ai prezzi delle case sia per la Cina che per gli Stati Uniti. La disuguaglianza regionale è sostanzialmente meno grave negli Stati Uniti che in Cina se si considera solo il reddito disponibile, ma quando si tiene conto dei prezzi delle case, il grado di disuguaglianza tra le province cinesi si riduce notevolmente. Per i diversi stati degli USA, questa misura di disuguaglianza peggiora (vedi tabella sotto).

figura 27

SOURCES: National Bureau of Statistics of China, U.S. Bureau of Economic Analysis,

China Index Academy/Soufun, Zillow, Haver Analytics and authors’ calculations

 

 

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