Lelio La Porta

 

Marx pone la contraddizione, tipica della società capitalistica, al centro delle sue riflessioni. Lì dove viene introdotto l’uso delle macchine dovrebbe ridursi e, al tempo stesso, potenziarsi il lavoro umano; mentre, e qui si tocca con mano la contraddizione, proprio l’uso delle macchine affama l’uomo e lo costringe ad un accresciuto, spesso bestiale, sforzo lavorativo. Nella realtà ciò che dovrebbe determinare un aumento della ricchezza genera sempre maggiore miseria. La questione dell’assoggettamento della natura all’uomo diventa la questione dell’assoggettamento dell’uomo all’altro uomo.

Ciò che dovrebbe, attraverso l’introduzione di sempre più raffinate tecniche e di strumenti scientifici all’uopo, determinare un miglioramento complessivo della vita, anche di quella spirituale, conduce invece l’uomo alle soglie della più totale abiezione. Quest’insieme di questioni, che il filosofo di Treviri illustra nel Discorso per l’anniversario di “The People’s Paper (1856), costituisce l’articolato e riccamente documentato preambolo al volume di Edoardo Puglielli La formazione integrale in Karl Marx (Pisa, ETS, 2023, pp. 112, €12,00).

Introdotto da una presentazione di Vincenzo Orsomarso, il volume è diviso in due capitoli. Il primo (Scenari e contraddizioni della società moderna), nel quale vengono affrontate le questioni di cui si è appena scritto, è suddiviso in tre paragrafi: L’epoca della “schiavitù del salario”, «Questa opera d’arte della storia moderna», Antagonismo e lotta tra classi. Il secondo paragrafo ha come titolo uno dei passaggi più significativi del capitolo 24 (La cosiddetta accumulazione originaria) del primo libro del Capitale. L’opera d’arte realizzata dal capitalismo è stata la trasformazione della massa popolare in liberi “poveri che lavorano”, espressione che viene specificata da Marx nella nota a pie’ di pagina. Quindi il capitalismo dà vita ad un nuovo sistema di oppressione che garantisce soltanto l’illusione della libertà. La stessa divisione della società in classi è garantita da una forma di indipendenza personale, ossia la libertà formale, che convive con la più totale dipendenza materiale, ossia la sudditanza economica. Soltanto con la transizione ad una società senza classi, ricorda Puglielli, supportando il suo ragionamento con i Grundrisse, il Manifesto del partito comunista e lo stesso Capitale, si potrà pervenire alla formazione di una individualità libera fondata, come ricorda lo stesso Marx, «sullo sviluppo universale degli individui e sulla subordinazione della loro produttività collettiva, sociale, come loro patrimonio sociale» (p. 51). Detto con una parola, il comunismo.

Queste considerazioni sono la base sulla quale l’autore costruisce il secondo capitolo del suo lavoro, intitolato La riflessione pedagogica marxiana, diviso a sua volta in due paragrafi (Genesi e inquadramento del problema pedagogico e Il progetto di formazione integrale). Dopo aver preso in considerazione il tema dell’alienazione in Marx (Manoscritti economico-filosofici del 1844), che, peraltro, scorreva come un fiume sotterraneo in tutta la prima parte ma che emerge alla superficie proprio nel momento in cui Puglielli affronta la questione pedagogica stricto sensu, dopo aver preso in considerazione le tre fasi storiche dell’organizzazione capitalistica del lavoro (cooperazione, manifattura e grande industria), l’autore entra nel vivo della riflessione pedagogica di Marx. Questi, ancora nel Capitale, faceva presente come le stesse modalità di sviluppo della grande industria (quindi la terza fase dell’organizzazione capitalistica del lavoro) avessero posto la necessità della nascita di scuole politecniche e agronomiche, delle écoles d’enseignement professionel nelle quali i figli degli operai ricevono un’istruzione finalizzata alle conoscene tecnologiche atte a maneggiare i diversi strumenti di produzione. A tal proposito Puglielli cita Mario Alighiero Manacorda, il quale faceva notare che Marx prendeva atto dell’esistenza di queste scuole ma non pensava affatto che esse potessero soddisfare le reali esigenze dell’uomo (p. 82). E da ultimo Massimo Baldacci, subito citato dall’autore, chiarisce ciò che Manacorda volesse dire. Quelle scuole tecniche erano finalizzate a fornire ai lavoratori, in una dimensione esclusivamente unilaterale, indicazioni per prestazioni pratiche adeguate al compito che essi svolgevano. Alla soluzione unilaterale borghese, Marx contrappone un ben diverso principio educativo: la formazione dell’uomo onnilaterale finalizzata al superamento della divisione tecnica del lavoro e della separazione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale (pp. 82-83). Insomma un uomo che sviluppi contemporaneamente manualità ed intellettualità, in possesso delle conoscenze scientifiche relative al suo lavoro che gli consentano, quindi, di comprendere e controllare il processo produttivo.

Puglielli riporta ed analizza diversi dei luoghi nei quali Marx pone le basi del progetto di formazione integrale e cita il testo (Istruzioni ai delegati del Consiglio generale provvisorio su singole questioni, redatte nell’agosto del 1866 per il I Congresso dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori, tenutosi a Ginevra dal 3 all’8 settembre dello stesso anno) nel quale vengono indicati i tre capisaldi dell’istruzione: istruzione intellettuale, educazione fisica, formazione politecnica (p. 103). Pur rimanendo indeterminati i contenuti culturali dell’educazione proposta da Marx, Puglielli, richiamandosi ancora una volta a Manacorda, fa presente che il progetto marxiano vuole tenere saldamente uniti istruzione e lavoro, vuole offrire a tutti una conoscenza delle scienze e la capacità pratica di attività performative nella produzione. La prospettiva è veramente quella di una formazione onnilaterale, storico-scientifica, una sommatoria di tecnica, scienza e umanesimo storico: un’indicazione, ricorda l’autore, che, sulla scorta della riflessione di Gramsci, consente di diventare specialista+politico (pp. 104-105).

 

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