Alessia Balducci

 

Quando ho detto che da questa mia frequentazione imparai a tenere la penna in mano, c’è della generosità, ma in gran parte è così. Imparai a calcolare i significati di una parola, a inseguire una soluzione stilistica1.

Così Pratolini, redattore insieme ad Alfonso Gatto della rivista ‹‹Campo di Marte›› (pubblicata dall’agosto 1938 all’agosto 1939) in un’intervista a Ferdinando Camon parlava del suo rapporto con il gruppo ermetico fiorentino. Questa ammissione rispecchia un profondo legame tra l’autore di Cronache di poveri amanti e coloro che, poco più che ventenni, piuttosto che nell’impegno politico, incentravano la loro vita nel paradigma di Carlo Bo letteratura come vita. Qui tenteremo di evidenziare brevemente la presenza di un’idea peculiare di resistenza negli articoli pratoliniani all’interno del periodico e nelle sue prime opere: resistenza intesa come una fede “esibita” verso il lavoro letterario, presente in anni antecedenti la partecipazione dell’autore alla vera e propria Resistenza armata, partigiana, di cui egli stesso tratterà in Il mio cuore a Ponte Milvio2.

 

Sabato Danzilli

 

Il libro di Marta Fana Non è lavoro, è sfruttamento unisce il rigore dell’analisi all’efficacia polemica, ed è uno strumento molto utile sia per un ragionamento sul mondo del lavoro attuale sia per la militanza politica. Fana ricostruisce in maniera rigorosa la storia impietosa dell’attacco ai diritti sociali, avvenuto con violenza sempre maggiore negli ultimi decenni. Nel testo si prende in esame il vasto mondo del precariato perché, come dimostrato con notevole forza nel testo, studiare quanto avvenuto al lavoro precario significa studiare l’“avanguardia” dello sfruttamento. La cronologia dei colpi sferrati negli ultimi decenni ai diritti sociali duramente conquistati è, infatti, la piena dimostrazione di una tendenza graduale verso la degradazione sostanziale del lavoro. Studiare il lavoro precario significa quindi studiare quello che rischia di diventare il mondo del lavoro nel suo complesso.

 

Alessio Soma

 

 L'era digitale che l'Occidente sta da tempo attraversando ha visto proliferare negli ultimi lustri il fenomeno dei social network e, con esso, alcuni impieghi di tale strumento a dir poco spregiudicati. Impieghi, tuttavia, niente affatto innocui, che spesso introducono nell'opinione pubblica idee degli avvenimenti passati totalmente capovolte rispetto alla realtà dei fatti.

Vediamo, così, una parte della società servirsi di questi canali per attribuire ostinatamente, con l’avallo di veri e propri falsi storici, qualità e meriti politici a Mussolini e al fascismo stesso. Il libro di Francesco Filippi (Mussolini ha fatto anche cose buone. Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo, Edizioni Bollati Boringhieri, Torino 2019), a tal proposito, si impegna ad analizzare le maggiori fake news che circolano in rete su questo tema e, con l’utilizzo di dati oggettivi desunti dalla storiografia più accreditata, di confutarle.

 

Riccardo Bonfiglioli

 

È in commercio da inizio febbraio dello scorso anno la prima edizione dell’ultimo lavoro di Romano Luperini Dal modernismo a oggi. Storicizzare la contemporaneità licenziato da Carocci per la collana di saggistica «Frecce». Peraltro, nel momento in cui scriviamo, sarebbe già in fase di pubblicazione una nuova monografia del critico toscano su Giovanni Verga, in uscita a giugno sempre per i tipi di Carocci. Questo a riprova sia della continuità scientifica di Luperini – il cui saggio Tre tesi sul Verga risalirebbe al 1968 – sia del pregevole impegno della casa editrice romana nella costante promozione di saggi di critica letteraria e cultura filosofica (si pensi anche al volume di Federico Bertoni Letteratura. Teorie, metodi, strumenti pubblicato pochi giorni dopo quello di Luperini o al recente testo curato da Massimo Mori e Salvatore Veca Illuminismo. Storia di un’idea plurale).

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