Vinicio Cerqueti

 

Sbagliare è umano si usa dire. È un detto tanto diffuso e noto che ormai ci fa diventare accorti. Ci costringe a pensare, studiare, ragionare, organizzarsi per essere pronti. Questo potrebbe aver pensato Ruggero Giacomini, nel decidere di raccogliere in una unica pubblicazione gli scritti gramsciani sul partito, alcuni firmati ed altri a lui attribuibili con certezza, che compongono gli Scritti sul Partito di Antonio Gramsci (ed. MarxVentuno, 2020).

Nelle vicende politiche soprattutto un approccio assennato prima di esprimere opinioni, giudizi o sentenze, deve essere preceduto dall’onesto e faticoso lavoro di consultazione delle fonti e poi da elaborazione di pensiero, così seguendo il consiglio di quanto detto all’inizio. Questo approccio è ancora più necessario se si partecipa ad un dibattito che ha come contenuto la lettura e l’interpretazione di fatti storici e della vita politica. Per gli eventi passati c’è anche il vantaggio di poterli osservare circoscrivendo lo studio al compimento di un ciclo, sperando non sia l’ultimo come afferma in apertura Giacomini. In riferimento al partito di Gramsci, scrive infatti: “Una vita interrotta traumaticamente […] che ha lasciato irrisolte le contraddizioni sociali e spalancato il campo alle pulsioni selvagge insite nel modo di produzione capitalistica”. È proprio il lavoro di ricerca che, qui come in altri casi, induce a comprendere concretamente come sono collegati storia e stretta attualità.

Il pensiero senza basi sorto all’improvviso, estemporaneo, produce ipotesi astratte, verdetti traballanti e ingiusti nei confronti dei propri sostenitori prima che della storia. Il testo infatti conferma che conviene ricorrere ad esperti, studiosi, persone competenti capaci di informarci. Per partecipare alla vita politica è sempre stato tenuta una condotta in grado di fornirci argomenti e conoscenze.

In questi giorni la vicenda della nascita del partito comunista è tornata al centro degli interessi di molti. Gli interventi sono cospicui e lo saranno sempre di più. Per fortuna perché si tratta della storia del paese. L’inizio non è stato promettente. L’intervista di Occhetto su L’Espresso del 20.12.2020 sembra appartenere al modo di giudicare sommariamente. Con le sue affermazioni estrapola, dalla storia del PCI, un fatto, un aspetto unico. Scelto tra la sua poliedrica essenza, evidenziandolo in modo preponderante e ignorando il resto. Quel fatto lo ha issato ad emblema come lo sciocco che nel detto classico guarda il dito e non la luna che vuole indicare. È onestà intellettuale o sintomo di scorrettezza? C’è da pensare, come Giacomini conferma con il suo lavoro, sia un’interpretazione inadeguata e largamente insufficiente. Non è onesta sul piano dello studio storico perché le vicende umane sono composte di molteplici elementi, di fatti, vita vera, interazioni, scambi, movimento, sviluppo, linee di tendenza e di divenire. È tutto presente, a ulteriore conferma qualora necessario, nello sviluppo del pensiero di intellettuali socialisti e comunisti.

Per non sbagliare c’è appunto il metodo della ricerca, che prevede lo studio della realtà, dei fatti, della comparazione delle fonti, dei testi che deve ispirare chi vuole essere protagonista in politica e di cui Marx e Gramsci sono adepti risoluti. Vale per tanti settori di studio. È normale procedere in tal senso se si vuole essere in grado di avere una visione completa della realtà, per elaborare pensieri, per agire nella prassi quotidiana, per innovare e immaginare strategie, strumenti, e lottare. Destino che si è data la sinistra. Ancora di più oggi ciò è vero che occorre affrontare le sfide dialettiche cui si è chiamati nel nuovissimo ed infido campo della comunicazione pubblica, chiamata mediatica.

Per evitare errori ricorrenti di superficialità, interpretazioni ridotte quanto non personali fino a deformare fatti e idee di validi intellettuali il metodo c’è quindi ed è ribadito in modo esplicito nella raccolta di Giacomini proprio per tutto ciò che concerne la storia del partito comunista italiano. Per essere interlocutore avveduto e informato del PCI occorre far riferimento alle numerose prove e conoscenze autentiche del testo. È così che si costituisce il bagaglio culturale politico per intervenire nei dibattiti. L’interlocutore che si conquista la nostra fiducia lo riconosciamo per questo modo di procedere non solo perché milita nel campo della sinistra. Lo ascoltiamo perché la sua preparazione e militanza sa indicare la strada da percorrere per tutta l’umanità ed un orizzonte di senso. Deve essere chiaro, infine, che se ci fosse qualcuno che pensa che liberare dalla schiavitù ed emancipare l’umanità sia una battaglia conclusa allora è proprio necessario raccomandargli di documentarsi. Neanche gli avversari e chi si contrappone a queste lotte lo pensano ed a volte gongolano perché sono proprio loro i vincenti.

Questi alcuni dei ragionamenti che vengono in mente leggendo l’antologia curata da R. Giacomini. Quest’impressione suscita insieme alla scoperta di quanto difficili, complicati, tormentati e per niente lineari siano stati i tempi per chi cento anni fa militava nel campo della sinistra in Italia e si trovava a fare scelte decisive. L’utilizzo del temine sinistra è un’esemplificazione e si vedrà nel testo quanto le militanze ed i partiti fossero distinti e le opinioni diverse. Emerge infatti dalla lettura quanto donne e uomini, con i quali interloquiva Gramsci, e citati negli scritti, rispecchiassero difficoltà, contraddizioni e dilemmi. La situazione che oggi vediamo e commentiamo ponendoci come osservatori lontani e distaccati facendo parlare i protagonisti si conosce meglio. Si capisce come vivevano quotidianamente e sulla propria pelle, a proprie spese, ognuno nella propria posizione i principi ispiratori, come traducevano le letture e come interpretavano le esperienze storiche e private e come azioni e reazioni li orientavano. Risalta sullo sfondo anche gli orizzonti a cui miravano e che idealmente li accomunava pur disegnando strade diverse. Meglio dall’oggi che l’orizzonte, generico e di sinistra è scomparso dalla vista e dal dibattito. Indicare una meta, un sogno da realizzare una prospettiva è ancora attuale e necessario quando si sa di dover prendere decisioni che condizionano il contesto politico, la vita di compagne e compagni e altri cittadini; valeva ieri e vale oggi. Da quegli scritti emerge tutto questo vissuto insieme a passioni ragioni, i conflitti e relazioni che coinvolgevano pubblico e privato. Non deve essere stato semplice, non lo è mai, trovare una direzione partecipata e univoca. Ci si accorge, avanzando nella lettura, della necessità di dovere considerare la molteplicità delle situazioni e delle opinioni.

Alla raccolta che allinea cronologicamente gli scritti di Gramsci sul partito, la cui opera sembra inesauribile e con sorprese continue, Giacomini per guidarci antepone un’introduzione che guida il lettore tra articoli, interventi nei congressi, verbali di partito, lettere a famigliari, amici e documenti politici. L’introduzione e le note, che rimandano appunto agli eventi ed alla storia, hanno pertanto identico valore documentario. Per chi voglia misurarsi con la storia del Partito Comunista Italiano sono uno stimolo ed uno sprone a considerare quelle esperienze sia nel loro contesto che in chiave moderna; un invito ad approfondire, reinterpretare e farle diventare lezioni per l’oggi. La curiosità, motore dell’intelligenza, fa il suo corso naturalmente e ci porta a voler conoscere i testimoni dell’epoca, li immaginiamo e ce li rappresentiamo come fossero inviati speciali, i nostri inviati. Ci si accorge di non volere tralasciare nulla dell’insieme e del complesso groviglio che si agitava nei rispettivi partiti di quella che oggi chiamiamo sinistra. La vasta documentazione evita in ogni caso, di avanzare verso le vicende intorno al 1920-21 con i paraocchi. Se ne dovrebbe tenerne conto ed evitare di mettere a fuoco un unico fatto e utilizzarlo per trarne deduzioni come fosse il tutto. Tornando infatti al rilevante evento della rivoluzione sovietica che tutti riconoscono come uno dei più rilevanti del 900, è infatti impossibile ignorarlo politicamente si deve tener presente che non è stato solo quello a determinare la nascita del partito comunista. Basterebbe leggere con quale energia Gramsci legge la realtà italiana alle soglie del fascismo, Giacomini lo mette in risalto, ed in contemporanea la collega agli eventi in Russia, all’Europe ed alle idee di Lenin e non solo. L’impatto della rivoluzione in Europa e nel mondo fu grande e non si poteva non tenere conto. Ma per far nascere e guidare il PCI in quei frangenti fu necessario molti di più e le discussioni, gli sviluppi in progressione raccontano gli altri fattori e innumerevoli elementi. Ecco l’utilità della raccolta.

L’antologia raccogliendo scritti autentici permette infatti di ripercorre le vicende del partito comunista fin dalla gestazione e consente di intravvedere su quali idee, sviluppo e tendenze è fondato. Si ne cita una ad esempio. Gramsci attribuisce alla formazione degli iscritti un grande valore, lo prepara e lo pratica con decisione. Tutti i suoi scritti ne sono testimonianza. Nel corso del tempo la preparazione degli iscritti determina una delle ragioni del suo successo ed è alla base, quasi certa, del motivo per cui è stato il più importante partito comunista dell’Europa occidentale.

L’invito, in l’occasione della rievocazione, è leggere per conoscere e capire. Leggere cos’è stato il partito comunista italiano, quando e come è iniziata la sua vita per constatare quanto ancora permea il pensiero di molti di quelli che ne hanno fatto parte. Non a caso in interviste odierne alcuni protagonisti ancora rivendicano di averne fatto parte. È una vicenda che riguarda tutto il paese non solo un partito.

La documentazione presente nel libro parte da prima della decisiva data di Livorno; fa emergere il contesto da cui si genera e offre la rappresentazione di quali erano le posizioni dei protagonisti e degli argomenti in discussione. Si evidenziano risvolti e atteggiamenti che sembrano secondari ma non lo sono e di come quei protagonisti leggevano la realtà all’epoca.

L’occasione del centenario della fondazione del PCI volendo rimanere a livello della dignità storica meritata, deve essere rievocato come afferma Giacomini, con metodo e serietà. Anche con curiosità e originalità ma con l’uso delle fonti e se dovuto con senso critico.

A tutti, lettori simpatizzanti studiosi e cittadini si rammenta infine che ricorrenze, celebrazioni e ricordi si fanno con un bagaglio culturale e politico, documentato, robusto e consistente cui collegare opinioni o idee personali. È un valore culturale e scientifico e nasce dal bisogno di far progredire il pensiero. Vale proprio la pena rammentare al proposito, rileggendo Gramsci, quanto egli disapprovasse superficialità, genericità, disorganizzazione, astrattezza e mancanza di senso di direzione. Per una rievocazione che si potrà fare purtroppo in sordina anche il contorno sentimentale o nostalgico sono ben accetti, umanamente è comprensibile, ma se non sono sostenuti da fatti documentati si rivelano inessenziali ed inutili. Gramsci ci direbbe ancora: “Studiate perché abbiamo bisogno di tutta la vostra intelligenza”.

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