Si presenta innanzitutto – in quarta di copertina - per cosa non è, quest’ultimo lavoro di Paolo Favilli:

“Questo non è un libro sull’opus magnum di Marx, ma a proposito di quell’opus, cioè un lavoro che si pone

in una sfera analitica diversa da quella marxologica, e rientra, invece, compiutamente, nella sfera

dell’analisi storica.”

“A PROPOSITO DE IL CAPITALE. Il lungo presente e i miei studenti” si propone come un ipotetico corso di

storia contemporanea, destinato – come annuncia l’Autore – “a un pubblico di lettori colti non specialisti”.

Nel capitolo introduttivo non tarda ad essere espressa una riflessione di base, che parte dall’utilizzo non

casuale della parola inglese per definire il lavoro di Marx: masterpiece. La ragione della scelta esprime

anche una critica a certo nostro giornalismo: “Uso il termine inglese proprio perché in tempi nei quali il

capolavoro marxiano sembrava sepolto sotto le macerie del muro di Berlino, attenti e preparati giornalisti

anglosassoni lo impiegavano nei loro scritti dedicati all’opera e al suo autore. Non mi riferisco a giornalisti di

area leftist, che scrivono magari in quotidiani, periodici di nicchia, bensì a professionisti di area liberal, che

scrivono sul ≪The New Yorker≫ o che sono collaboratori fissi della Bbc. Si tratta di giornalisti che quando

affrontano il tema del Masterpiece o di altri aspetti della produzione marxiana hanno ben presente il testo e

la letteratura essenziale sul testo. Un modo di esercitare il mestiere in Italia pressoché sconosciuto nei

grandi quotidiani e nei periodici d’opinione”.

Il lavoro di Favilli si inserisce nel filone del cosiddetto “rinascimento marxiano” ormai in atto da 15 anni.

Sostiene l’Autore: “Il fatto che un discorso critico sul capitalismo fosse possibile anche in anni di euforia

neoliberista e che potesse partire da ambito liberale e giornalistico, è motivo di riflessione, in particolare per

la nostra esperienza italiana”. Il riferimento è anche qui all’attenzione data ai testi di Marx da parte di alto

giornalismo anglosassone intorno alla fine degli anni ’90.

Il viaggio di conoscenza qui proposto, e le riflessioni sulla collocazione dell’Opera nei passaggi storici

dell’età contemporanea, conducono il lettore in un percorso dalle molteplici vie (l’Indice e la Premessa in

allegato potranno darne conto facilmente) e particolarmente in una ricerca di senso che tocca e poi supera

l’argomento economico per indagare nella filosofia, la letteratura, la storia.

Ancora una volta: “Il capitale non è un’opera sull’ «economia capitalista». Nel «capitalismo storico», il luogo

vero di svolgimento delle categorie de Il capitale, anche delle più astratte, l’«economia capitalistica» ha

continua necessità, in maniera diversa a seconda delle diverse fasi di accumulazione, del cordone ombelicale

che la lega alla sfera non economica. La politica, tutto il vasto ambito delle produzioni culturali ne sono

aspetti essenziali”.

Nel libro, tra questi saperi, è stata data particolare rilevanza alla letteratura creativa. Poeti e scrittori che,

per Marx, hanno saputo mostrare uomini e cose nella loro nudità.

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