Fabio Marcelli

 

La situazione determinata in via immediata dall’invasione russa dell’Ucraina, ma le cui radici risalgono ad epoca più remota ed altri avvenimenti e disegni, richiede una risposta che sappia imporre a tutti i governi le ragioni della pace e della sopravvivenza dell’umanità.

Un inquadramento scientifico della situazione non è inutile e si richiede a tale scopo una convergenza feconda tra differenti approcci analitici (storico, politico, giuridico).

Occorre al riguardo evidenziare alcuni elementi di fondo che, pur presenti nelle riflessioni e discussioni e attuali, non sono stati proposti in forma sufficientemente precisa e sistematica, rendendo in tal modo più ardua la proposizione di una piattaforma internazionale condivisa.

Il primo elemento è la natura del conflitto in corso, che infuria in Ucraina, ma minaccia, ogni giorno di più di dilagare in forma estremamente distruttiva, data la natura degli armamenti a disposizione delle parti in causa, sull’insieme del pianeta.

Va affermato al riguardo in modo categorico che si tratta di un conflitto interimperialistico, analogo a quelli che si registrarono in occasione della Prima e della Seconda guerra mondiale, anche se va detto che quest’ultima presentava alcuni tratti peculiari non interamente riconducibili a tale matrice. Elementi peculiari che risultano a ben vedere del tutto assenti dall’attuale scontro fra NATO e Russia, anche se entrambi i protagonisti tentano, per motivi propagandistici di richiamarsi in qualche modo al carattere antinazista e antifascista che venne ad assumere la Seconda guerra mondiale.

La natura interimperialistica del conflitto risulta evidente specialmente se lo si inquadra in un’ottica di più lungo periodo, contrassegnata in modo evidente dal tentativo degli Stati Uniti di recuperare il ruolo di supremazia mondiale assunto all’inizio degli anni Novanta colla fine dell’URSS e l’instaurazione del sedicente nuovo ordine mondiale e persa nei decenni successivi nonostante lo scatenamento di una serie di guerre sanguinose che non hanno nulla da invidiare al presente conflitto dal punto di vista della commissione di crimini di guerra e contro l’umanità, avendone anzi prodotti in misura decisamente superiore sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.

L’espansione della NATO verso Est e la sua penetrazione in Ucraina e in altre Repubbliche ex sovietiche con massicci investimenti, gli eventi di piazza Maidan e la guerra in Donbass hanno costituito gli eventi più salienti di questo sforzo che ha avuto peraltro anche altre manifestazioni, volte a tentare di ridimensionare la crescita economica e politica della Cina ed a soffocare l’anelito di libertà ed autodeterminazione dei popoli, in America Latina così come in Medio Oriente e in altre parti del pianeta.

Va però aggiunto che la reazione del regime russo, che si è concretizzata nell’invasione del 24 febbraio, porta a sua volta i crismi di un imperialismo da tempo in crisi storica che oggi Putin e il suo cerchio magico vorrebbero in qualche modo restaurare, assumendo come proprio faro ideologico le elaborazioni di Dugin e non già quelle sovietiche che, quantomeno nella sua fase originaria, erano pervase dalla dottrina leninista dell’autodeterminazione dei popoli e dalla priorità della contraddizione di classe rispetto a quelle nazionali e tra gli Stati. In Dugin la legittima critica al monopolarismo omologante dell’Occidente si traduce, mediante un recupero parziale e strumentale dell’elaborazione di Heidegger a partire dall’idea di Dasein, che meriterebbe svolgimenti più ampi e meno condizionati da una prospettiva di puro scontro geopolitico, nell’idea arcaica di Impero euroasiatico che deve ritenersi del pari inadeguata a tradurre in realtà le aspirazioni profonde dei popoli europei e del resto del pianeta. Occorre ritenere che il rifiuto di opporsi al Drang nach Osten del capitalismo occidentale e della NATO declinandolo in una critica al neoliberismo che ha saccheggiato l’Est europeo, la stessa Ucraina e la Russia, derivi dalla matrice di classe dell’ideologia duginiana come riferimento degli oligarchi russi. La società russa non è certamente più egualitaria o meno autoritaria di quella occidentale, differenziandosene solo per taluni elementi marginali (come ad esempio l’atteggiamento nei confronti delle diversità delle identità sessuali), nell’intento di ripristinare una presunta purezza originaria dell’Impero rispetto a quelle che vengono considerate le degenerazioni dell’Occidente, senza tuttavia mettere minimamente in discussione il dominio di classe della borghesia russa che, dopo la fase di totale subordinazione all’Occidente che ha coinciso con la presidenza di Eltsin, ha trovato in Putin il leader di riferimento all’insegna di un rilancio della propria autonomia storica. La forza di tale ideologia sul piano della coesione politica e sociale interna della Russia si riaggancia peraltro da un lato alla passata grandeur imperiale di figure come Pietro il Grande e dall’altro all’epopea staliniana della Grande guerra patriottica contro il nazismo. Quest’ultimo aspetto, in particolare, spiega l’accettazione delle politiche di Putin da parte del Partito comunista della Federazione russa. Il rilancio di un ruolo globale della Russia non va giudicato di per sé come fenomeno negativo, contribuendo anzi al necessario multipolarismo della comunità internazionale, ma traducendosi in scelte di carattere bellico a partire da un approccio esclusivamente geopolitico contribuisce paradossalmente al rafforzamento strategico del proprio antagonista, quantomeno nell’emisfero occidentale, e, soprattutto, in un enorme fattore di rischio per la pace e la sopravvivenza dell’umanità, impedendo la politica di coesistenza pacifica e cooperazione internazionale oggi sempre più indispensabili per fronteggiare i problemi comuni(clima e pandemie anzitutto) tenendo conto di quello che la dottrina politica e giuridica internazionale cinese ha appropriatamente definito “il futuro condiviso dell’umanità”.

Restare sul piano sterile della geopolitica pura appare quindi esiziale per le cause della pace e dell’umanità che richiedono oggi un immediato cessate il fuoco in Ucraina e il raggiungimento di un accordo di pace basato sul conseguimento di un nuovo assetto dell’Ucraina e dell’Europa nel suo complesso e quindi su una nuova architettura di pace e di sicurezza internazionale. Il superamento di un’ottica che sia prevalentemente geopolitica appare necessario per delineare una possibile soluzione. Ci troviamo di fronte a due schieramenti in violenta competizione tra di loro. Come possiamo fermare questa spirale? Trattandosi di un conflitto interimperialista per i motivi che qui si sono sommariamente elencati, il dovere, diritto e interesse dei popoli è quello a tenersene rigorosamente e coerentemente al di fuori, bloccando l’invio di armi nei confronti di tutte le parti al conflitto senza alcuna eccezione e procedendo allo smantellamento di ogni strumento ed alleanza di tipo militare, procedendo parallelamente al rafforzamento delle istanze antibelliciste ovunque presenti.

Sconfortante appare tuttavia al riguardo l’assoluta mancanza di identità e prospettiva da parte dei leader europei, incapaci di uscire dalla loro gabbia ideologica imperniata sui due assi convergenti del neoliberismo e dell’atlantismo.

Va segnalata al riguardo, una crescente discrasia tra il prevalente sentimento popolare, sempre più ispirato a pacifismo, neutralità attiva e non allineamento, e la campagna di lavaggio del cervello attuata dai media ristrutturati poco tempo fa proprio in preparazione di situazioni del genere di quelle che stiamo drammaticamente vivendo.

Discrasia che in Italia, ma anche nel resto d’Europa, in particolare della sua parte occidentale, assume proporzioni ancora superiori se mettiamo a confronto tale sentimento popolare, ben raffigurato anche dai sondaggi che registrano, nonostante il lavaggio del cervello che si accompagna alla diffusione quotidiana di fake news, una netta prevalenza delle posizioni che ripudiano ogni possibile coinvolgimento del popolo e del territorio della Repubblica italiana nella guerra che si va preparando, coll’atteggiamento del ceto politico, sempre più appiattito, Draghi, Guerini e Di Maio in testa, sulle posizioni imposte da Stati Uniti e NATO.

E’ in una situazione del tipo appena descritto, mentre scivoliamo ogni giorno di più verso il conflitto generalizzato, che si pone con imperiosa urgenza la necessità di costruire un nuovo protagonista politico e sociale che, per ottenere la pace, deve porsi necessariamente l’obiettivo del superamento dell’attuale regime oligarchico dominante a livello italiano e europeo, per sostituirlo con autentica democrazia, ispirata dal desiderio insopprimibile di vivere e di vivere in pace che oggi trova il suo principale portavoce mondiale in Papa Francesco.

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