Alexander Höbel

 

Non è possibile delineare “a caldo”, all’indomani della sua scomparsa, una riflessione adeguata su una figura tanto complessa e contraddittoria come quella di Michail S. Gorbačëv; l’«enigma Gorbaciov», come lo definirono sia il suo antagonista Egor Ligaciov, sia il giornalista tedesco Gerd Ruge, corrispondente da Mosca dal 1987 al 1993[1].

Personalmente mi ha sempre convinto la lettura, proposta tra gli altri in Italia da Andrea Catone, di due fasi della segreteria gorbacioviana del Pcus: una prima, dal 1985 al 1988, orientata a un sincero e determinato tentativo di riforma del sistema, e una seconda – a partire appunto dal 1988, allorché, con la XIX Conferenza del PCUS, si apre la strada alla fine del «ruolo-guida» del partito – tesa invece alla destrutturazione del sistema, da sostituirsi con un’alternativa dai contorni indefiniti[2].

È la fase in cui, come ha scritto Rita di Leo, Gorbačëv agisce come un rex destruens, colpendo contemporaneamente i due assi del sistema sovietico, ossia appunto il partito e il piano[3], il cui meccanismo è messo in crisi da una serie di leggi che introducono una crescente autonomia delle imprese; l’ingresso del capitale privato, nazionale e anche straniero, nella loro proprietà, in misura anche qui crescente; e infine l’autofinanziamento delle repubbliche, che priva lo Stato centrale di risorse essenziali, favorendo l’escalation di quei separatismi (Russia di Eltsin e repubbliche baltiche in primis) che si riveleranno fatali nel determinare il crollo dell’URSS[4].

Dei due poli della politica comunista – l’utopia e il realismo – il “pendolo” di Gorbačëv, prima di approdare a una concezione esplicitamente socialdemocratica, oscillò decisamente verso il primo. Ma se il realismo politico gli fece difetto, nella sua visione degli assetti mondiali sono ben visibili i segni dell’universalismo comunista e dell’umanesimo marxista. Ed è significativo che proprio da quella cultura – che si vorrebbe sempre in crisi – germinò la più avanzata proposta globale al mondo dei secondi anni Ottanta.

Sul piano della politica internazionale, dunque, restano lo straordinario sforzo di Gorbačëv di avviare una stagione segnata dal disarmo, innanzitutto atomico, e la consapevolezza dell’irreversibile interdipendenza – parola chiave del suo lessico – di un mondo ormai unificato e dunque necessariamente multipolare, da governare sulla base dei principi della cooperazione internazionale e della sicurezza collettiva[5]. È questo, forse, il lascito più duraturo della sua azione politica, la quale non trovò mai in Occidente, Europa compresa, interlocutori in buona fede, ma soprattutto all’altezza di quei problemi globali che la nostra epoca poneva allora e pone oggi in modo ancora più urgente.

 

[1] E. Ligaciov, L’enigma Gorbaciov, Roma, Napoleone, 1993; G. Ruge, L’enigma Gorbaciov, Milano, SugarCo, 1991.

[2] A. Catone, La parabola di un’idea: 1985-1990, in Crollo del comunismo sovietico e ripresa dell’utopia, a cura di A. Colombo, Bari, Dedalo, 1994. Dello stesso Catone, cfr. anche 1986. Si discuteva dell’autonomia nello stato. 1991. Si dibatte sul mercato mercato, “la talpagiovedì” n. 418, suppl. a “il manifesto” del 12/9/1991; La transizione bloccata. Il «modo di produzione sovietico» e la dissoluzione dell’URSS, Napoli, Laboratorio politico, 1998. Una lettura in parte simile è anche quella dello storico Archie Brown, The Gorbachev Factor, Oxford University Press, 1996.

[3] R. di Leo, in Riformismo o comunismo: il caso dell’URSS, a cura di Ead., Napoli, Liguori, 1993, pp. 9-31. Per una versione in inglese reperibile online, cfr. R. di Leo, Rex Destruens: An Interpretative Essay, in “The Journal of Communism Studies and Transition Politics”, vol. 11, n. 2, June 1995, < https://www.academia.edu/32740162/_Rex_destruens_An_interpretative_essay>.

[4] Cfr. N. Amodio, Rassegna sulle leggi economiche (1986-1991), in Riformismo o comunismo. Il caso dell’URSS, cit., pp. 157-165. Cfr. V.M. Zubok, Collapse. The Fall of the Soviet Union, Yale University Press, 2021. Per una rapida disamina dei diversi elementi che hanno portato al crollo sovietico, mi sia consentito rinviare anche al mio Il crollo dell’Unione Sovietica. Fattori di crisi e interpretazioni, in Problemi della transizione al socialismo in Urss, Napoli, a cura di A. Catone ed E. Susca, La Città del Sole, 2004, online in https://www.marxismo-oggi.it/saggi-e-contributi/saggi/213-il-crollo-dell-unione-sovietica-fattori-di-crisi-e-interpretazioni.

[5] Su tale aspetto insiste G. Vacca, La sfida di Gorbaciov. Guerra e pace nell’era globale, Roma, Salerno editrice, 2019.

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