Gianmarco Pisa

Svoltosi nella forma di un vero e proprio “pogrom” a sfondo politico, messo in opera da bande di fanatici, ultranazionalisti e frange neonaziste, nel contesto dell’immediato dopo-colpo di stato di “Euromaidan” del febbraio 2014, la strage alla Casa dei Sindacati a Odessa resta una delle pagine più nere della recente storia d’Europa.

Lo scorso anno, 2023, in occasione del nono anniversario della strage di Odessa (2 maggio 2014), le autorità russe, con una nota dell’ambasciata a Washington, ricapitolando brevemente il carattere e le conseguenze della tragedia, misero esplicitamente in evidenza le responsabilità degli Stati Uniti e, in generale, delle potenze occidentali, nel “mettere la sordina” a quanto accaduto. “Il 2 maggio 2014, una folla brutale di fanatici ucraini ha commesso uno spietato omicidio di diverse decine di civili. Come veri e propri castigatori nazisti, questi estremisti hanno spinto persone indifese, tra cui donne e anziani, nella Casa dei Sindacati, servendosi di bastoni e spranghe di ferro, per poi appiccare il fuoco con bombe molotov. Almeno 48 persone sono morte bruciate, avvelenate dal monossido di carbonio o morte dopo essersi gettate dalle finestre. Centinaia sono rimaste gravemente ferite”.

“La loro unica “colpa” è stata la loro opposizione alla politica aggressiva e alla presenza di neonazisti saliti al potere e il loro desiderio di rimanere russi”, recita il comunicato. “Contrariamente alle promesse del regime di Kiev di indagare su questo crimine e punire i responsabili, le autorità hanno fatto di tutto per nascondere la verità e distruggere le prove, per consentire a organizzatori ed artefici di sfuggire alla giustizia. Negli Stati Uniti hanno deciso di non tenerne conto. E i cosiddetti attivisti locali per i diritti umani, di fatto, hanno nascosto i carnefici di Odessa per tutti questi anni”.

Svoltosi nella forma di un vero e proprio “pogrom” a sfondo politico, messo in opera da bande di fanatici, ultranazionalisti e frange neonaziste, nel contesto dell’immediato dopo-colpo di stato di “Euromaidan” del febbraio 2014, con il quale forze persino neofasciste e neonaziste presero a rivestire cariche istituzionali nel nuovo quadro politico, la strage alla Casa dei Sindacati a Odessa è una delle pagine più nere e più inquietanti della recente storia d’Europa. “La tragedia di Odessa - continua la nota - rimarrà per sempre una delle pagine più vergognose della storia dell’Ucraina. [...] Sull’onda di una vera e propria frenesia nazionalista, la vita umana nel Paese ha perso il proprio valore”.

“Il sanguinoso massacro di Odessa è un punto di non ritorno. Gli eredi di Bandera lanciarono una vera e propria operazione militare punitiva contro gli abitanti del Donbass, con crimini contro la popolazione civile. Il terrore contro i dissidenti, la censura e la discriminazione sono diventati la base della politica statale” del regime di Kiev, e segni più che evidenti di questa profonda torsione antidemocratica si sarebbero poi moltiplicati, con le successive misure intraprese dalle autorità di Kiev. Tra queste, la messa al bando di quella che, di fatto, costituiva l’intera opposizione parlamentare: il Partito comunista di Ucraina era stato messo al bando già nel 2014, dopo il colpo di stato, e banditi sono stati poi, nel marzo 2022, tra gli altri, la Piattaforma di opposizione Per la vita, l’Unione pan-ucraina “Patria”, il Blocco di opposizione, l’Opposizione di sinistra, l’Unione delle forze di sinistra, il Partito socialista progressista ucraino, il Partito socialista dell’Ucraina, il Partito dei Socialisti e il Blocco Vladimir Saldo.

Di fatto, legale è rimasta la sola presenza parlamentare dei partiti di governo, vicini al governo, e la formazione di estrema destra “Svodoba”. Quanto a quest’ultima, è appena il caso di ricordare che “Svoboda” affonda le sue origini nel Partito Nazional-Socialista Ucraino, organizzazione di stampo neonazista, fondata nel 1991 per iniziativa di figure quali Andrij Parubij, Oleh Tjahnybok e Yaroslav Andruškin, il cui simbolo richiama il “Wolfsangel” (il “dente di lupo”), uno dei simboli più noti della Germania hitleriana. Quanto a Stepan Bandera (1909-1959), oggi eroe nazionale, ieri collaborazionista della Germania nazista, non si contano le statue erette in suo nome nel centro e nell’ovest dell’Ucraina.

 

L’inquietante politica di “decomunistizzazione”

In uno studio del 14 luglio 2014, Andre Liebich e Oksana Myshlovska, dell’Istituto universitario di studi internazionali e dello sviluppo di Ginevra, hanno contato, solo sino ai primi mesi del 2014, ben 46 statue o busti a grandezza naturale di Stepan Bandera (tra cui, il monumento colossale a Bandera a Leopoli, sette metri di altezza con un arco di trenta metri), oltre cento strade ridenominate in suo onore, e ben cinque musei Bandera istituiti tra il 1990 e il 2010, in luoghi legati a diversi momenti della sua vita. La decomunistizzazione, la rilegittimazione, non solo nello spazio pubblico ma anche nel quadro istituzionale, di figure, eventi e simboli del passato fascista e nazista, la messa al bando della opposizione parlamentare sono, senza dubbio, tra gli elementi più inquietanti della deriva post-Maidan.

L’attacco alle opposizioni e la persecuzione dei comunisti in Ucraina ha assunto, dal 2014, tratti di particolare efferatezza. Già nel maggio 2015 sono entrate in vigore in Ucraina le leggi che proibiscono i simboli del comunismo (parte delle leggi di decomunistizzazione); con decreto del 24 luglio 2015, il Ministero dell’interno ucraino ha privato il Partito comunista di Ucraina del diritto di partecipare alle elezioni; il 30 settembre 2015 altri due partiti sono stati messi fuori legge dal Tribunale amministrativo di Kiev, il Partito comunista degli operai e dei contadini e il Nuovo partito comunista dell’Ucraina.

Il 16 dicembre 2015, su richiesta del Ministero della giustizia, il medesimo Tribunale ha messo al bando il Partito comunista con motivazioni pretestuose quali violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina, collaborazione con forze russe e - addirittura - incitamento all’odio etnico (sic). Nel febbraio 2019, la Commissione elettorale centrale ha impedito la candidatura di Petro Symonenko, segretario del partito, per le presidenziali del 2019, proprio in forza delle leggi di decomunistizzazione. Di tutto questo, per molti aspetti, la strage di Odessa è un tragico simbolo. I radicali di Pravij Sektor (Settore Destro) e delle cosiddette “Forze di autodifesa” di Maidan hanno attaccato il 2 maggio 2014 il campo di Kulikovo Pole, a Odessa, dove i residenti stavano raccogliendo firme per un referendum sulla federalizzazione dell’Ucraina e sulla concessione dello status di lingua ufficiale alla lingua russa. Gli attivisti si rifugiarono nella Casa dei Sindacati, ma fanatici e ultranazionalisti circondarono l’edificio e gli diedero fuoco. Secondo i dati del Ministero degli interni ucraino, furono uccise 48 persone e più di 240 rimasero ferite. L’indagine, durata diversi anni, non è riuscita a dimostrare la colpevolezza degli imputati e, incredibilmente, la quasi totalità di quanti erano stati inizialmente detenuti sono stati assolti.

 

I comunisti a difesa della democrazia, della libertà e della giustizia

Nella ricostruzione dei fatti, a cura dell’Ufficio delle Nazioni Unite in Ucraina (30 aprile 2021), «la presenza dei gruppi “pro-unità” [nazionalisti] era schiacciante e ha costretto i gruppi “federalisti” a disperdersi: alcuni hanno cercato rifugio in un centro commerciale vicino al luogo degli scontri; altri sono corsi al campo che avevano allestito a Kulikovo Pole. Mentre un folto gruppo di sostenitori “pro-unità” ha marciato su Kulikovo Pole, mostrando apertamente il proprio atteggiamento aggressivo, la polizia non ha risposto, né ha frenato la folla aggressiva, né ha messo in sicurezza la piazza.

Arrivati sul luogo, i gruppi “pro-unità” hanno distrutto il campo e i gruppi “federalisti” si sono barricati nella Casa dei Sindacati. [...] I vigili del fuoco del Servizio di emergenza hanno risposto con grave ritardo alle numerose chiamate di emergenza effettuate da testimoni oculari. Al loro arrivo, circa quarantacinque minuti dopo la prima chiamata, avevano già perso la vita quarantadue persone (34 uomini, 7 donne e un ragazzo). [...] Solo una persona è stata accusata di omicidio». Come ha messo in luce anche il Report dell’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (“Rapporto sulla situazione dei diritti umani in Ucraina”, 15 maggio 2014), «nel contesto degli eventi di Odessa, il ruolo della polizia e le mancanze nella preparazione e nella protezione risultano altamente discutibili».

Molte sono le considerazioni politiche che è possibile trarre dalla tragica vicenda del pogrom di Odessa del 2014: se, da un lato, appare chiaro che, qui come altrove, i comunisti e le comuniste sono in prima linea nella difesa della democrazia, dei diritti, della giustizia sociale, è non meno evidente, dall’altro, che la messa al bando e, in alcuni casi, la vera e propria persecuzione dei comunisti è sempre nel novero delle misure intraprese da poteri autoritari e apre la strada, se possibile, ad ancor più gravi involuzioni.

I tragici fatti di Odessa mostrano la violenza, la brutalità e la profonda compromissione degli standard democratici che si è registrata a Kiev dal colpo di stato del 2014 in avanti; e impone, a tutti i sinceri democratici, di prendere parola nello spazio pubblico, attivarsi, per documentare e sensibilizzare, lottare per la difesa della democrazia, per la libertà e per la giustizia sociale. Anche per questo, saremo presenti agli eventi che, in vista del 2 maggio, in occasione del decennale della strage, e nel decennale del golpe di “Euromaidan”, aiuteranno a fare luce su ciò che è successo e che non sarebbe mai dovuto accadere.

 

Riferimenti

Andre Liebich, Oksana Myshlovska (2014), “Bandera: memorialization and commemoration”, Nationalities Papers, The Journal of Nationalism and Ethnicity 42 (5): dx.doi.org/10.1080/00905992.2014.916666

Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights, “Report on the human rights situation in Ukraine”, 15 maggio 2014:

https://www.ohchr.org/Documents/Countries/UA/HRMMUReport15May2014.pdf

United Nations, Ukraine, “Seven years with no answers. What is lacking in the investigations of the events in Odesa on 2 May 2014?”, 30 aprile 2021: https://ukraine.un.org/en/126054-7-years-no-answers-what-lacking-investigations-events-odesa-2-may-2014

Petro Symonenko, “Il rogo degli innocenti nella Casa dei Sindacati di Odessa è un crimine paragonabile alle atrocità naziste”, 2 maggio 2020, traduzione per resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare: https://www.resistenze.org/sito/te/po/uc/poucke04-022683.htm

Gianmarco Pisa, “Revisionismo, propaganda, e falsificazione della storia. È ora di riprendere l’iniziativa antifascista”, Futura Società, 24 febbraio 2024: https://futurasocieta.com/2024/02/24/revisionismo-propaganda-e-falsificazione-della-storia-e-ora-di-riprendere-liniziativa-antifascista

Immagine:

Lsimon, Odessa, Inside the house of Trade Unions after the fire took place, CC BY-SA 4.0,

commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=38154148

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