Milena Fiore *

 

Che cosa sono i diritti umani per la Repubblica popolare cinese? O meglio: in che cosa si distingue la concezione dei diritti umani che hanno i cinesi e altri paesi socialisti da quella egemone in Occidente?

Lo ha chiarito molto bene la delegazione della China Society for Human Rights Studies in visita in questi giorni in Europa, nel corso della conferenza stampa svoltasi presso l’Ambasciata cinese a Roma, alla quale ha partecipato una delegazione del Centro Gramsci di Educazione.

Mentre la visione occidentale dei diritti umani è riferita al singolo individuo, dunque si limita ai pure importanti diritti civili e libertà personali, nella concezione cinese (ma potremmo dire nella concezione marxista che hanno i paesi socialisti) l’idea dei diritti umani è molto più ampia, poiché si riferisce alla persona nella sua relazione con gli altri, all’individuo in rapporto alla società, insomma all’uomo come essere sociale; in questo senso i diritti umani sono immediatamente anche diritti sociali, economici e politici.

Il primo di questi diritti è naturalmente il diritto alla vita, a una esistenza dignitosa e vissuta in una condizione di benessere e possibilmente tendente alla felicità. L’obiettivo è lo sviluppo completo dell’essere umano.

Proprio per questo, nel discorso cinese sui diritti umani, l’elemento prioritario è proseguire in quello straordinario sviluppo economico e sociale che ha già consentito a milioni di abitanti della Repubblica popolare di emanciparsi dal bisogno, e il prossimo obiettivo da questo punto di vista è la fuoriuscita dalla povertà di altri sessanta milioni di persone entro il 2020.

Questo obiettivo riguarda in particolare le zone più arretrate del Paese, tra cui la stessa regione del Tibet per la quale i commentatori occidentali si stracciano le vesti, senza vedere come lo straordinario sviluppo sociale guidato dal Partito comunista cinese abbia largamente migliorato le condizioni di vita anche in quella regione, favorendo il progredire dei diritti sociali e dunque umani.

Come ha ricordato il Presidente della China Society for Human Rights Studies, Qiangba Puncog, la Repubblica popolare investe ogni anno cifre molto consistenti per lo sviluppo del Tibet, in particolare nel campo dell’istruzione, garantendo tale diritto in modo gratuito a centinaia di migliaia di giovani.

Oltre a questo, grande importanza è attribuita allo sviluppo delle infrastrutture civili anche nelle zone più isolate del paese e all’implementazione dell’uso di internet e in generale delle nuove tecnologie, concepite non in vista del profitto di qualche grossa azienda ma come strumenti essenziali per il benessere collettivo.

Un altro elemento di grande interesse emerso dall’incontro di Roma è che i compagni cinesi applicano questa loro concezione non solo all’interno dei confini del proprio Stato, ma con uno sguardo globale che abbraccia l’intera umanità: la fuoriuscita dalla povertà, l’emancipazione dal bisogno e dunque uno sviluppo più equo sul piano mondiale è per loro il presupposto fondamentale per la costruzione di una comunità umana realmente unitaria, che consenta di affrontare i problemi globali e in questo quadro la governance dei diritti umani. Da questo punto di vista, grande importanza è attribuita anche alla tutela dell’ambiente, e dunque del pianeta ma anche della salute dei suoi abitanti, e su questi temi il governo cinese ha di recente varato una legge di protezione ecologica estremamente rigorosa, differenziandosi anche in questo dagli Stati Uniti, che invece con Trump sono fuoriusciti dal Trattato di Parigi contro i cambiamenti climatici. La stessa concezione di sviluppo armonico che applicano al loro paese è dunque trasferita dai compagni cinesi anche sul terreno internazionale, il che rende la Repubblica Popolare una delle pochissime realtà attualmente in possesso di una visione globale di lungo termine, più che mai necessaria per affrontare i problemi che l’umanità ha davanti a sé.

 

Fonte: http://www.centrogramsci.it/?p=802

 

* Centro Gramsci di Educazione

 

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