Fosco Giannini

 

Friedrich Engels nasce a Barmen (Germania) il 28 novembre del 1820 e muore a Londra il 5 agosto del 1895. In questo 2020 siamo, dunque, nel 200esimo anniversario della sua nascita. Una ricorrenza dalla quale si potrebbe (meglio ancora, si dovrebbe) partire per riavviare uno studio profondo del grande pensiero rivoluzionario engelsiano, che un vasto fronte politico e filosofico (formatosi storicamente lungo l’asse dato dalle grandi forze socialdemocratiche e socialiste anti leniniste successive alla Seconda Guerra Mondiale e dalle aree di pensiero borghese progressista e di “sinistra”, passando per le varie fonti di pensiero “neomarxista” che si sono – a volte perniciosamente – sviluppate, sino alla Scuola di Francoforte) ha invece prima ridotto a pensiero minore e “di spalla”, rispetto a Karl Marx e poi “ossificato” e liquidato in un giudizio di “marxismo meccanicistico e determinismo positivista”.

Ignazio Masulli

(da "il manifesto", 17.12.19)

 

La ristrutturazione tardo capitalista dell’ultimo quarantennio ha portato all’esasperazione la logica utilitaria e contingente del capitalismo. 

Il risultato è un sistema che, da un lato, si dispiega in maniera pressoché incontrastata, affermando una sorta di neo-dispotismo. Dall’altro ha aggravato squilibri ecologici, demografici e sociali al punto da rendere non più sostenibile il suo stesso modo di funzionare.

 Rodrigo A. Rivas

“Va tutto benissimo signora marchesa.
Ma, ecco, bisogna che vi dica signora marchesa,
che venendo a sapere di essere rovinato,
non appena si riprese dalla sorpresa,
il signor marchese si è suicidato.
Dopo avere accatastato le suppellettili ha rovesciato le candele e dato fuoco a tutto il castello
che si è consumato dal basso in alto.
E, poiché il vento soffiava, l’incendio si è propagato velocemente alle scuderie e,
in un attimo,
la vostra giumenta è morta.
Ma, oltre questo, signora marchesa, va tutto benissimo,
tout va très bien”.
(Ray Ventura et ses collégiens, “Tout va très bien, Madame la marquise”, 1935)

 

Andrea Vento *

 

La crisi del pianeta sta manifestando giorno per giorno il suo inesorabile incedere attraverso il manifestarsi di una molteplicità di effetti che disvelano agli occhi dell'umanità la gravità della situazione dell'ecosistema terrestre, il cui stato di crisi si sta pericolosamente avvicinando verso il punto di non ritorno (tipping point). La leadership politica internazionale, al di là di formali dichiarazioni e proclami di circostanza, sino ad oggi, ha minimizzato, se non ignorato, la gravità della situazione e salvo alcuni provvedimenti estemporanei, marginali e dalla scarsa efficacia, si è sostanzialmente astenuta dall'affrontare la situazione in modo strutturale e incisivo, evitando di prendere seriamente in esame le cause alla base della crisi climatico-ambientale, venendo così meno alla sua funzione istituzionale di guida delle comunità e di gestione del bene comune.

 Jacques Pauwels

 

È impossibile schierarsi contro la caduta di muri che servono a tenere segregate le persone e, di conseguenza, è impossibile non applaudire alla caduta del Muro di Berlino nel novembre del 1989 o, allo stesso modo, non desiderare la caduta di altri muri che oggi, trent’anni dopo, sono ancora in piedi o stanno per essere innalzati.

È legittimo, comunque, chiedersi se il collasso del comunismo nell’Europa orientale e nell’Unione Sovietica, inaugurato dalla caduta del Muro di Berlino, sia stato un trionfo per la democrazia.

Nel farlo, si dovrebbe tenere presente che la democrazia non ha solo una faccia politica, ma anche una faccia sociale: è un sistema in cui il popolo, la grande massa delle persone normali, non solo fornisce indicazioni al governo, ad esempio attraverso le elezioni, ma riceve anche dei benefici, tipicamente sotto forma di servizi sociali.

 

Andrea Vento *

 

L'Africa nel suo insieme, nonostante i progressi intrapresi a partire dall'inizio del nuovo millennio, si presenta tutt'oggi, sia dal punto di vista economico che sociale, come il continente meno sviluppato. Sotto il primo aspetto, benché la ricchezza prodotta dall'intero continente, secondo l'Ocse, sia triplicata fra il 2000 e il 2016,[1], il pil pro capite medio africano risulta ancora di soli 2.000 $ annui[2].

 

Francesco Schettino

 

[Ringraziando l’autore per avercelo segnalato, riproponiamo questo testo, pubblicato da “La Contraddizione online”, 2017, n. 24, poiché, pur non condividendone tutte le valutazioni, lo consideriamo un contributo di grande interesse e di estrema attualità a fronte delle persistenti tendenze politiche regressive che accompagnano una crisi economica anch’essa persistente e sempre più chiaramente sistemica.]

 

9 novembre 2016: una data che difficilmente sarà dimenticata negli anni che verranno. Media europei e giornali di tutto il mondo hanno osservato con un malcelato sgomento l’elezione di Donald Trump alla presidenza dello stato capitalista più potente al mondo, gli Usa.

di Salvatore Ritrovato

Settembre, andiamo. È tempo di migrare.

Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori

lascian gli stazzi e vanno verso il mare:

scendono all’Adriatico selvaggio

che verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti

alpestri, che sapor d’acqua natia

rimanga né cuori esuli a conforto,

che lungo illuda la lor sete in via.

Rinnovato hanno verga d’avellano.

E vanno pel tratturo antico al piano,

quasi per un erbal fiume silente,

su le vestigia degli antichi padri.

O voce di colui che primamente

conosce il tremolar della marina!

Ora lungh’esso il litoral cammina

La greggia. Senza mutamento è l’aria.

Il sole imbionda sì la viva lana

che quasi dalla sabbia non divaria.

Isciacquio, calpestio, dolci romori.

Ah perché non son io co’ miei pastori?

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