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Martina Marchesi
“L’individualismo imperava, le politiche economiche condannavano milioni di persone alla disoccupazione, la classe lavoratrice veniva divisa e dislocata: in questo contesto, il femminismo abbandonò progressivamente il progetto di emancipazione collettiva, ripiegando su un discorso sempre più solipsista, limitato a una élite che reclamava il suo diritto a essere riconosciuta nella sua diversità, tollerata e integrata nella cultura del consumo[1]”.
Negli ultimi anni il discorso femminista ha conosciuto un certo rilancio, anche grazie alla rete di mobilitazioni che su scala globale si sono raccolte attorno allo slogan “Non una di meno”, a cui si è associata una rinnovata presenza nel dibattito pubblico della questione dell’emancipazione femminile.
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Michael R. Krätke *
«Tutta la storia dev'essere studiata nuovamente!»
(Lettera di Engels a Conrad Schmidt, 5 Agosto 1890)
Negli anni 1881 - 1882, Marx intraprese degli ampi studi storici che coprivano gran parte di quella che era allora nota col nome di "storia mondiale". I quattro grossi quaderni in cui erano riportati estratti dalle opere (principalmente) di due storici di punta di quel tempo, Schlosser e Botta, sono rimasti quasi del tutto inediti. Qui si cerca di contestualizzare quelli che sono gli ultimi studi di Marx relativamente al corso della storia mondiale, rispetto agli studi storici precedenti, ma incompiuti, riguardo la critica dell'economia politica.
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Stefano G. Azzarà
(da Marxismo Oggi, 2003, n. 1)
- Trionfo della borghesia e riconoscimento della modernità
Netto e inequivocabile, come è stato più volte messo in evidenza, è il riconoscimento, da parte degli autori del Manifesto, del ruolo progressivo svolto dalla borghesia almeno per gran parte dell'età moderna. Dopo aver enunciato la tesi fondamentale dell'interpretazione materialistica della storia secondo il principio della lotta di classe, dopo averne delineato l'articolazione storica più generale e mostrato la forma che essa ha assunto nella «moderna società borghese»[1], Marx ed Engels ripercorrono sinteticamente i nodi decisivi dell'affermazione del modo di produzione capitalistico e della connessa ascesa politica e sociale della classe detentrice della nuova forma di proprietà.
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Massimiliano Tortora *
Ma più spaventa, in questo mondo-quadro di Pollock,
cercare un filo di pensiero comunicabile
che leghi quelle a me capitate a quelle di milioni di altri
(Dieci anni dalla parte del torto. Lettera).
Scrive Paul Ricoeur, interrogandosi sul «ruolo della violenza nella fondazione delle identità, principalmente collettive», nel saggio Passato, memoria, passato, oblio:
Non esiste alcuna comunità storica che non sia nata da un rapporto assimilabile senza esitazione alla guerra: noi celebriamo con il titolo di eventi fondatori sostan-zialmente atti violenti, legittimati a posteriori da uno Stato di diritto precario. Ciò che per gli uni fu gloria, fu umiliazione per gli altri, e alla celebrazione di una parte corrisponde l’esecrazione dell’altra.