Stefano Garroni

 

Quelle che qui seguono sono schematiche osservazioni, spero raccolte con una certa logica e sistematicità, il cui scopo è prospettare una possibilità di lettura d’un groviglio di eventi, quanto mai complicato e dalle molte sfaccettature, che – nonostante certa uggiosa retorica <novista> – costituiscono tuttora la nostra contemporaneità. Che si tratti di una possibilità di lettura significa non solo il limite della mia cultura (ad es., non sono un economista, né uno storico), ma anche che la cosa stessa si dispone secondo diverse prospettive e angolazioni (aspetto questo che certamente non meraviglia chi abbia qualche familiarità con la dialetticità della storia). Come che sia, non è dubbio che quanto andrò scrivendo non solo è unilaterale, ma anche passibile di revisioni (anche profonde) per me stesso – se lo studio ulteriore portasse a conclusioni non compatibili con l’ipotesi, che qui schematicamente espongo.

Alessandra Ciattini*

 

Introduzione

Negli ultimi decenni numerose sono state le opere di più o meno grande diffusione, nelle quali si sono analizzate e sono state ampiamente confutate le tesi sostenute dai cosiddetti autori post-moderni, sia pure nella consapevolezza che tale corrente di pensiero non costituisce un filone omogeneo, giacché contiene in sé varianti, sfumature e tendenze non omologabili in uno stesso cliché. Sono convinta, tuttavia, che il noto pamphet di Terry Eagleton (Le illusioni del post-modernismo, 1998) colga nel segno quando individua le debolezze di questo pensiero, soprattutto quando denuncia con vigore la sua incapacità di dare una risposta seria ai drammatici problemi, con cui si confronta la società contemporanea.

Andre’ Tosel

 

La tradizione italiana marxista di riflessione sulle scienze e il loro uso sociale è sempre stata reticente nei confronti del realismo epistemologico, marcata dallo storicismo e dall’idealismo soggettivo: bisogna risalire alle opere troppo trascurate e notevoli di Ludovico Geymonat (e di certi dei suoi alunni) – come tra l’altro Filosofia e filosofia della scienza (1960), Scienza e realismo (1970) e la monumentale Storia del pensiero scientifico e filosofico - per vedere proposta un’interpretazione materialista e dialettica della storia della conoscenza scientifica, che difenda del tutto l’obbiettività di questa conoscenza e la sua necessaria utilizzazione da parte delle forze desiderose di trasformare la società capitalista. Bisogna anche tenere conto del materialismo leopardiano di Sebastiano Timpanaro, critico di qualunque progressismo.

Donatello Santarone*

 

Gli studi interculturali sono molto vasti, un enorme contenitore dove convivono prospettive scientifiche e culturali spesso opposte. C’è un’intercultura “aziendalista” (e persino “militarista”) che vuole conoscere il cosiddetto “altro” per meglio colonizzarlo (un po’ come i primi antropologi al servizio degli eserciti coloniali nell’800): è una visione tutta strumentale della relazione con i paesi e i popoli del Terzo e Quarto Mondo, finalizzata esclusivamente alla dimensione mercantile del rapporto.

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