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Giorgio Lunghini e Fabio Ranchetti*
Introduzione
Per 'teoria del valore' si possono intendere due cose distinte: la determinazione quantitativa dei rapporti secondo cui le merci vengono scambiate sul mercato, cioè dei loro prezzi relativi; oppure la ricerca dell'origine del valore delle merci, dunque l'indagine circa il fondamento stesso, l'oggetto e il metodo del discorso economico. Circa la sostanza che conferisce valore alle merci, le due spiegazioni rivali possono essere definite l'una 'oggettiva', l'altra 'soggettiva'. La prima riconduce il valore delle merci al lavoro che direttamente o indirettamente è stato impiegato per produrle: essa sarebbe oggettiva in quanto il lavoro impiegato per produrre una merce dipende dalle tecniche di produzione adottate, e queste in ogni dato momento sono date. La seconda spiegazione del valore delle merci nega che questo dipenda da loro proprietà intrinseche: il valore delle merci dipenderebbe dall'apprezzamento, da parte dei singoli soggetti, dell'attitudine dei beni economici a soddisfare i bisogni.
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Alexander Höbel
(da: Problemi della transizione al socialismo in Urss, Napoli, a cura di A. Catone ed E. Susca, La Città del Sole, 2004)
A più di dieci anni dal crollo dell’Unione Sovietica, i tempi per una analisi storica esaustiva di questo evento di enorme portata storica – che ha sconvolto, in peggio, il quadro mondiale – probabilmente non sono ancora maturi. Esistono, tuttavia, molti documentati studi successivi al crollo, oltre all’immensa bibliografia precedente. In questa relazione, si cercherà di fornire una “griglia interpretativa”, incrociando l’esame di vari fattori di crisi con quella di alcune tra le analisi più interessanti. Due elementi si possono dare per acquisiti. Il primo è il fatto che il crollo dell’URSS è un evento storicamente determinato, per cui le letture ideologiche circolate in questi anni – “crollo del comunismo”, “fine dell’idea comunista”, ecc. – sono fuorvianti e strumentali.
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Andrea Vento
Inquadramento generale
Il subcontinente Latinoamericano costituisce una macroregione dalla spiccata omogeneità culturale che, tuttavia, evidenzia comuni caratteristiche anche dal punto di vista storico, demografico ed economico. Gli ultimi 500 anni di storia hanno, infatti, profondamente trasformato e uniformato le società locali, soprattutto per effetto della colonizzazione ispanica e portoghese. La dominazione europea non solo ha annientato le floride civiltà precolombiane, ma ha anche prodotto altre importanti trasformazioni: ha alterato la composizione etnica e la struttura sociale della popolazione, ha introdotto nuovi modelli economici e, non ultima, è stata profondamente intrisa dalla matrice cattolica. L’aver subito per almeno 3 secoli la dominazione coloniale europea e successivamente neo-coloniale statunitense[1], ha provocato un pesante saccheggio di risorse naturali, energetiche, minerarie e finanziarie da impedirne il raggiungimento di un livello di sviluppo economico e sociale in linea con le proprie potenzialità.
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Luigi Cortesi
La mia esposizione può essere divisa in quattro parti: nella prima parte cerco di definire cosa dovrebbe intendersi per problema globale e per rischio globale, e la connessione dei problemi con i rischi (e, quindi, di individuare i problemi estremi, propriamente “finali”, di assoluta rilevanza, che costituiscono il presupposto del discorso); nella seconda parte intendo illustrare i rapporti in cui questi problemi si pongono con la cultura che caratterizza la nostra età storica, e quindi le loro attinenze con la storiografia;