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Enzo Gamba e Francesco Schettino[1]
Riceviamo e volentieri pubblichiamo come contributo al dibattito
Sarebbe ingeneroso nei confronti di tutte le compagne e i compagni non tener conto del grande impatto pratico ed emotivo che hanno avuto gli eventi collegati alla lunghissima pandemia nell’ultimo biennio abbondante, così come le vicende belliche contemporanee. È vero, e facciamo bene a riconoscerlo, che ne siamo usciti tutti con le ossa più frantumate di quanto non lo fossero prima.
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Diana Johnstone*
Continua ancora e ancora. La “guerra per farla finita con tutte le guerre” del 1914-1918 portò alla guerra del 1939-1945, detta Seconda Guerra Mondiale. Questa non è ancora finita, principalmente perché per Washington, è stata una Guerra Buona, è la guerra che ha reso possibile il Secolo Americano : perchè no, ora ad un Millennio Americano ?
Il conflitto in Ucraina può essere la scintilla di quello che già adesso si comincia a chiamare la Terza Guerra Mondiale.
Non si tratta di una guerra nuova. È la stessa guerra che abbiamo già visto, un’estensione della Seconda Guerra Mondiale, che non fu la stessa per tutti coloro che ne presero parte.
La guerra russa e la guerra americana furono molto, molto differenti.
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Fabio Mini
(Fonte: Il Fatto Quotidiano, 27.3.2022)
Newsweek. Per un mese il settimanale ha prodotto servizi e testimonianze di esperti d’intelligence e militari statunitensi sullo sviluppo delle operazioni russe che non si scostavano di molto dalla narrazione dei media volta a sostenere (o suggerire) la versione dell’Ucraina. In questi giorni ha pubblicato delle strane nuove testimonianze e pareri di esperti leggermente diversi. Che il settimanale stia diventando complottista e filo putiniano? Forse no. Forse è soltanto l’esercizio giornalistico di dare un’informazione più aderente alla realtà sul terreno e meno alla propaganda (l’altrui e propria). È un tentativo che sin dall’inizio del conflitto pochi avevano fatto cercando di rimanere sul piano della razionalità e quasi nessuno considerava plausibile perché ottenebrato dalle emozioni vere o presunte, in buona o cattiva fede.
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Fabio Marcelli
La situazione determinata in via immediata dall’invasione russa dell’Ucraina, ma le cui radici risalgono ad epoca più remota ed altri avvenimenti e disegni, richiede una risposta che sappia imporre a tutti i governi le ragioni della pace e della sopravvivenza dell’umanità.
Un inquadramento scientifico della situazione non è inutile e si richiede a tale scopo una convergenza feconda tra differenti approcci analitici (storico, politico, giuridico).
Occorre al riguardo evidenziare alcuni elementi di fondo che, pur presenti nelle riflessioni e discussioni e attuali, non sono stati proposti in forma sufficientemente precisa e sistematica, rendendo in tal modo più ardua la proposizione di una piattaforma internazionale condivisa.
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Manlio Dinucci
Il piano strategico degli Stati uniti contro la Russia è stato elaborato tre anni fa dalla Rand Corporation (il manifesto, Rand Corp: come abbattere la Russia, 21 maggio 2019). La Rand Corporation, il cui quartier generale ha sede a Washington, è «una organizzazione globale di ricerca che sviluppa soluzioni per le sfide politiche»: ha un esercito di 1.800 ricercatori e altri specialisti reclutati da 50 paesi, che parlano 75 lingue, distribuiti in uffici e altre sedi in Nord America, Europa, Australia e Golfo Persico. Personale statunitense della Rand vive e lavora in oltre 25 paesi.
La Rand Corporation, che si autodefinisce «organizzazione non-profit e non-partisan», è ufficialmente finanziata dal Pentagono, dall’Esercito e l’Aeronautica Usa, dalle Agenzie di sicurezza nazionale (Cia e altre), da agenzie di altri paesi e potenti organizzazioni non-governative.
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Intervista a Luciano Canfora a cura di Silvia Truzzi
(da: “il Fatto quotidiano”, 7 marzo 2022)
Il professore al “Fatto”: “Oggi vige quello che Gabriel García Márquez definì il ‘fondamentalismo democratico’. Nel momento in cui si entra in guerra, arriva sempre il momento del motto fascista ‘Taci, il nemico ti ascolta’”
Luciano Canfora – storico, filologo, professore dal lunghissimo curriculum, autore prolifico sia per il sacro (l’accademia) che per il profano (noi), oggi emerito all’università di Bari – ha il guaio dell’autorevolezza nell’epoca buia del pensiero unico. Un cortocircuito non nuovo, acuito in questi giorni dall’emotività suscitata dall’invasione russa in Ucraina.
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Ilan Pappé*
(Da: “il manifesto”, 6 marzo 2022)
Crisi ucraina. La visione di media e classi dirigenti in Occidente è segnata da etnocentrismo e razzismo: dai rifugiati «simili a noi» alle «legittime» invasioni Usa in Medio Oriente fino alla tollerabilità dei gruppi neonazisti. E infine alle politiche di oppressione di Israele nei confronti dei palestinesi
Secondo Usa Today, la foto diventata virale di un grattacielo ucraino colpito dai bombardamenti russi ritraeva, in realtà, un grattacielo nella Striscia di Gaza, demolito dall’aviazione israeliana nel maggio del 2021.
Qualche giorno prima, il ministro degli Esteri ucraino si era lamentato con l’ambasciatore israeliano a Kiev: «Ci state trattando come Gaza», aveva detto, furioso, sostenendo che Israele non aveva condannato l’invasione russa ed era interessato solo a far uscire dal Paese i cittadini israeliani (Haaretz, 17 febbraio 2022).
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Daniele Nalbone
(fonte: https://www.micromega.net/guerra-ucraina-intervista-brancaccio/)
Professor Brancaccio, le forze politiche italiane sono schierate contro la Russia. Non mancano però i filo-russi che elogiano l’attacco di Putin come segno di spregiudicata realpolitik. Lei cosa pensa?
La Russia si è macchiata di un’infamia di cui noi occidentali siamo stati cattivi maestri per anni, dalla Jugoslavia all’Iraq: ossia, aggredire altri paesi per distruggere e controllare. Putin è anche ricorso alle tipiche ipocrisie che abbiamo usato noi nel recente passato per giustificare le peggiori nefandezze, quando ha definito l’assalto all’Ucraina una mera “operazione di polizia”. Elogiare l’invasore russo che imita il peggio del militarismo occidentale sarebbe dunque un atto inverecondo. Per le stesse ragioni, però, non si può dar credito a quei politici nostrani che in queste ore non riescono a far meglio che proporci linee d’azione più ispirate a Rambo che alla diplomazia.