Riceviamo e volentieri pubblichiamo come contributo al dibattito

Alberto Gabriele

1. Tutti i progressisti italiani, e a maggior ragione tutti i comunisti, devono essere grati al Professor Barbero. Egli rappresenta un esempio più unico che raro di intellettuale serio e onesto che, senza nascondere la sua adesione morale agli ideali del movimento operaio e socialista, è riuscito grazie alle sue eccezionali capacità comunicative a diventare – in un quadro di rapporti di forza oggettivi estremamente sfavorevole e quasi disperato – una figura di riferimento nel dibattito complessivo volto ad influenzare il senso comune degli italiani, e addirittura una star mediatica nazionale (senza alcuna ironia, e anzi nel migliore senso che si possa attribuire a questa ultima espressione).

Rodrigo Andrea Rivas

 

“In piena facoltà egregio presidente
le scrivo la presente che spero leggerà.
La cartolina qui mi dice terra terra
di andare a far la guerra quest’altro lunedì.
Ma io non sono qui egregio presidente
per ammazzar la gente più o meno come me.
Io non ce l’ho con lei sia detto per inciso
ma sento che ho deciso e che diserterò”
Boris Vian, “Le Déserteur”, 1954 (tr. it. “Il disertore”, G. Calabrese)

 

Pochi giorni fa ho scritto che l’Europa si avvicinava ad una nuova crisi degli euromissili con epicentro Ucraina.
Poiché non si possono ignorare sempre i fatti, successivamente i media italiani hanno scoperto il problema.

Luigi Pandolfi

(da: "il manifesto", 8.1.2022)

 

La crisi del Kazakhstan ha fatto sapere al mondo che questo paese è diventato l’eldorado degli «estrattori» di criptovalute. E’ stimato che nel 2021 si siano trasferite sul suo territorio – dalla Cina soprattutto – ben 90 mila società di «mining» (nei capannoni sparsi nel deserto «lavorano» più di cinquecentomila calcolatori), corrispondenti a circa il 20% del mercato mondiale. Ma che centrano i minatori virtuali con le proteste di piazza di questi giorni? Prima di rispondere a questa domanda bisogna fare un ripasso sul significato di criptovaluta.

Andrea Vento *

 

A distanza di quattro mesi dal ritiro delle forze Nato e dal ritorno dei Talebani al potere, nel nostro Paese ancora non sono stati improntati né una seria riflessione pubblica, né un bilancio politico ufficiale sui risultati di 20 anni di presenza militare, sui suoi esiti, i sui suoi costi e sulle ricadute sulla popolazione afghana.

Il mal pianificato ritiro delle forze armate Usa e Nato disposto dall'amministrazione Biden, a seguito degli Accordi di Doha, sottoscritti da Trump il 29 febbraio 2020, e la drammatica fuga dal Paese degli occidentali e dei loro collaboratori dopo la repentina presa di Kabul da parte dei Talebani del 15 agosto, hanno concluso, con la partenza degli ultimi voli di evacuazione del 31 agosto 2021, la ventennale presenza militare, anche italiana, in Afghanistan.

Riceviamo e pubblichiamo questo contributo al dibattito di Angelo d'Orsi

 

Angelo d’Orsi

 

Nel 1931, le grandi purghe in Unione Sovietica non erano ancora iniziate, ma Trockij era già stato espulso, e la repressione contro i “deviazionisti”, contro gli “elementi antisociali”, contro i “kulaki” e contro gli “intellettuali borghesi” era in corso da tempo. Lazar Kaganovič, braccio armato di Stalin, conduceva un lavoro zelante per assicurare l’eliminazione dal Partito di ogni membro sospettato di avere avuto rapporti con l’opposizione di sinistra, seguendo la lucida strategia di assicurare il potere assoluto a Stalin.

Nel 1931 Salvador Allende, il 26 di giugno, compiva 23 anni, essendo nato nel 1908. Era un militante di un gruppo rivoluzionario, all’Università di Santiago, e aveva contribuito ad organizzare vivaci azioni di protesta nell’ateneo contro la dittatura di Carlos Ibáñez del Campo. Individuato come uno dei dirigenti della protesta, subì il suo primo arresto e fu espulso benché fosse rappresentante degli studenti nell’organo di autogoverno, il Consiglio universitario.

 Fabio Marcelli*

 

  1. Premessa

Le recenti vicende dell’Afghanistan e più in generale il netto ridimensionamento che sta subendo la Superpotenza statunitense, sembrano, secondo vari commentatori, richiedere una maggiore assunzione di responsabilità da parte europea nel contesto di una presunta governance mondiale. La riflessione al riguardo appare estremamente disomogenea. Taluni sono giunti, in modo alquanto ridicolo a dire il vero, ad invocare la necessità delle forze militari europee di continuare a presidiare Kabul nonostante il ritiro delle truppe statunitensi. Altri hanno rilanciato, in modo alquanto confuso, la necessità per l’Unione di disporre di una forza d’intervento rapido di alcune migliaia di elementi ben addestrati e ottimamente equipaggiati ed armati. Non è ben chiaro per fare cosa.

Riccardo Canaletti

 

Sta facendo discutere la lettera di Massimo Cacciari e Giorgio Agamben uscita sul sito dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, seguita da un ulteriore commento del primo su La Stampa e preceduta da numerosi interventi del secondo (tra cui un Requiem per gli studenti in cui i professori favorevoli alla didattica a distanza vengono paragonati ai docenti che giurarono fedeltà al regime fascista per poter insegnare).

Si parla di una lettera firmata da due dei più famosi filosofi italiani, uno dei quali osannato anche fuori dall’Italia per la sua opera più importante, Homo Sacer. Due filosofi da cui ci si aspetterebbe, almeno, il rispetto per la disciplina sul piano dell’argomentazione e dell’onestà intellettuale.

Gianni Fresu

 

Il ritorno dei democratici alla Casa Bianca ha coinciso con una nuova durissima offensiva contro Cina, Russia e tutto il composito fronte dei cosiddetti “Stati canaglia”, la cui finalità è sbarrare il passo a qualsiasi ipotesi di sviluppo multipolare della politica internazionale e ripristinare l'incontrastato dominio degli Stati Uniti sul mondo, rimediando alla profonda crisi di immagine e di relazioni che Washington ha vissuto negli ultimi anni. 

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